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Un po’ di ingegneria per capire dove nasce l’Alzheimer

Nuove tecnologie, coltivazione di cellule 3D e interconnessioni: la scienza non si arrende
La professoressa Carmen Giordano (al centro) con i ricercatori del progetto Minerva / © www.giornaledibrescia.it
La professoressa Carmen Giordano (al centro) con i ricercatori del progetto Minerva / © www.giornaledibrescia.it
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Alzheimer, Parkinson, autismo, ma anche depressione, epilessia e diabete: la loro origine misteriosa è da ricercarsi anche dentro la flora intestinale. Lo dice la scienza, che da dieci anni sta puntando una lente di ingrandimento fissa su quello che è noto come asse intestino-cervello. Obiettivo: riuscire a individuare i nessi causali che, partendo dai microrganismi dell’intestino, contribuiscono all'insorgere delle malattie neurodegenerative per poterle curare o addirittura prevenire.

È questa la sfida raccolta dal progetto Minerva, finanziato con 2 milioni di euro dalla Comunità Europea con il bando Erc Consolidator Grant nel 2016 e di casa ai TechnoBiology Labs creati ad hoc al secondo piano del Dipartimento di Chimica Giulio Natta del Politecnico di Milano. A guidarla, con una proposta del tutto innovativa, è la professoressa Carmen Giordano, con un team di sei ricercatori: «Siamo partiti dall'assunto che il nostro microbiota, cioè la flora batterica intestinale, ha un impatto sul nostro cervello - spiega la coordinatrice -. Finora però sono stati individuati solo alcuni complessi processi biochimici, ma ancora nessun rapporto causa-effetto. Questo perché le prove sono state condotte o in vitro, con tecniche tradizionali, o usando modelli animali, la cui risposta però non è del tutto sovrapponibile a ciò che avviene in un organismo umano».

La piattaforma. E qui c'è il salto in avanti di Minerva, che per la prima volta introduce l'ingegneria in questo ambito di ricerca (la sigla sta appunto per «MIcrobiota-gut-braiN EngineeRd platform to eVAluate intestinal microflora impact on brain functionality»). «Vogliamo creare una piattaforma multi-organo, basata sulle tecnologie organ-on-chip - prosegue l'esperta -, che permettono di coltivare cellule in modo avanzato, anche in 3D, mettendole in connessione fra loro per simulare i processi biochimici del nostro corpo. La piattaforma collegherà più dispositivi: quello dove saranno coltivate le cellule del cervello, quello con le cellule dell'intestino e quello con le cellule degli organi chiave coinvolti nella comunicazione cervello-intestino».

Un brevetto il mese scorso. Il primo di questi dispositivi è già pronto ed è stato brevettato a fine ottobre. Per completare il sistema ci vorranno cinque anni, ma intanto Minerva ha già introdotto tre novità assolute: oltre a essere il primo approccio ingegneristico nel suo campo, è l'unica piattaforma in grado di collegare cinque organi (oggi sono al massimo tre) e di coltivare contemporaneamente batteri e cellule. «Il nostro obiettivo - illustra Carmen Giordano - è ottenere alla fine una piattaforma dove coltivare le cellule dei pazienti per poter fare uno screening del loro microbiota, riproducendo così su chip le loro malattie e sviluppare terapie personalizzate agendo proprio sul microbiota. E non solo per Alzheimer, Parkinson, autismo, ed epilessia, per le quali gli studi stanno già dimostrando alterazioni a livello della flora intestinale: potremo pensare di agire preventivamente anche per altre malattie come il diabete». Competenze multidisciplinari, contaminazione e rete: così si punta a dare una svolta alla ricerca medica. Un primo tassello è stato posto.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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