Un (Neura)link nel cervello
Il dato è tratto, con il primo device di Neuralink, azienda fondata da Elon Musk, che settimana scorsa è stato impiantato nel cervello di un essere umano.
Lo scopo è quello di creare, grazie a una neurotecnologia che consta di 64 fili sottilissimi e 1024 elettrodi posizionati nella regione cerebrale che supervisiona l’intenzione del movimento, un’interazione diretta uomo-macchina: in poche parole grazie a Telepathy (questo il nome del device) una persona sarebbe in grado di controllare un computer senza bisogno di movimenti o gesti ma solo attraverso l’attività del cervello.
L’intento dichiarato da Musk è in primis quello di aiutare pazienti affetti da diverse patologie, dalla paralisi degli arti alla cecità fino alle malattie psichiatriche. L’esperimento però apre, volenti o nolenti, scenari da fantascienza spinta.
Cosa potrà mai avvenire se un uomo controllerà una macchina con il solo pensiero? Quali le conseguenze, i pro e i contro? Ancora una volta quando si parla di tecnologia entra in campo l’etica, così come l’archetipica paura degli esseri umani dinanzi al cambiamento. Tutto ciò che è nuovo, soprattutto se rivoluzionario come nel caso del device di Musk (non però certo il primo a percorrere questa strada), spaventa. Giustamente. Avere paura è una reazione normale e persino corretta, primo campanello per cercare di capire cosa ci si trova davanti. La caccia alle streghe e il luddismo digitale, così come sta avvenendo con l’Intelligenza artificiale, sono però dietro l’angolo.
Bisogna tenere ben saldo in mente (con o senza device) che una tecnologia è semplicemente uno strumento nelle mani degli uomini. Non è cattiva, non è buona. Semmai bisogna controllare chi di queste innovazioni è o sarà padrone: loro sì possono essere un reale pericolo. Ne riparleremo tra 6 anni, quando la sperimentazione umana di Telepathy sarà verosimilmente terminata. Nel frattempo teniamoci stretta la paura, senza di lei non può esserci alcuna conoscenza.
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