Un «naso elettronico» per le diagnosi e per le aziende
Viene definito «naso elettronico» ed è un dispositivo in grado di rilevare la concentrazione di molecole di gas nell’ambiente che lo circonda. Questo permette d’individuare la presenza di malattie dell’apparato respiratorio, il grado di freschezza dei prodotti alimentari e, non ultimo, il tasso di gas inquinanti presenti nell'aria.
A sviluppare questa importante tecnologia che trova applicazione in alcuni settori cruciali per la qualità della vita della persona e la salvaguardia ambientale, è stata Sonia Freddi: doppia laurea in Fisica, ora dottoranda del programma internazionale in Science all'Università Cattolica di Brescia e presso la Katholieke Universiteit Leuven, in Belgio.
«Si tratta di un sistema composto da 8 sensori che lavorano contemporaneamente per recepire gas diversi. Lo scambio di elettroni produce variazioni nel materiale da cui deriva la risposta del sensore. I dati raccolti vengono sottoposto all’analisi statistica multivariata e dal grafico risultante si evince lo stato di salute di un individuo», spiega Freddi. In principio la sua attenzione si è concentrata sul settore biomedicale. «Nel respiro sono presenti centinaia di molecole, la cui quantità varia da una persona sana a una malata. Tramite la costruzione di sensori in grado di rilevare biomarcatori di specifiche patologie è quindi possibile determinare la presenza di cancro, fibrosi cistica o broncopneumopatie cronico ostruttive» spiega Freddi.
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Qualche esempio: determinati livelli di cloro e sodio nel respiro esalato da bambini indicano fibrosi cistica, mentre etanolo, acetone o isopropanolo evidenziano il cancro ai polmoni. «Un metodo non invasivo, che consente di avere una diagnosi in tempi brevi e con costi assai inferiori rispetto alle vigenti tecniche. Il ché lo rende una risorsa sempre più importante nel campo della diagnostica precoce e per i paesi del terzo mondo» precisa la ricercatrice che, causa Covid, ha dovuto (almeno per ora) sospendere i test sui pazienti in ospedale.
Così l’attenzione si è spostata sulla rilevazione gas serra inquinanti o precursori del particolato fine. «I gas nell’aria sono gli stessi presenti nel fiato, con la differenza che nell’ambiente le dosi risultano assai più concentrate, rendendo di fatto la misurazione assicurata e precisa». Il «naso elettronico» riconosce particelle di metano e anidride carbonica (principali responsabili del riscaldamento globale), il biossido di azoto o l'acido solfidrico che causa le piogge acide.
Il medesimo principio vale anche per gli alimenti: frutta e verdura rilasciano esalazioni di gas, la cui analisi multivariata permette di verificare il grado di freschezza» spiega Freddi.
Nel frattempo, da una prima versione del sistema in nanotubi di carbonio (oggetto della sua tesi di Laurea magistrale), la ricercatrice ha elaborato quella in grafene. «Si tratta di un materiale di ultima generazione, in grado di condurre meglio le cariche al suo interno e che, a differenza dei nanotubi, non necessita di essere riscaldato. Lavorando a temperatura ambiente consente un risparmio energetico ed economico» precisa la dottoranda. È ovvio come il naso elettronico sia destinato ad avere - progressivamente - sempre più spazio negli ospedali e nelle aziende. La sperimentazione, infatti, è in uno stadio piuttosto avanzato con riscontri decisamente positivi. Il passaggio successivo, ovviamente, sarà l’industrializzazione di questo prodotto che promette prestazioni di alto livello.
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