Un calcio (di rigore) al progresso
Nella società liquida i mondi si intersecano e quando qualcosa succede in uno di essi inevitabilmente le conseguenze, dirette o indirette, concrete o puramente speculative, si riverberano anche negli altri.
Prendiamo per esempio quanto sta accadendo in Premier League, la massima divisione calcistica inglese. Qui diversi club hanno indetto quello che si potrebbe definire un referendum per l’abolizione del Var, il Video assistant referee che, unendo le capacità dell’uomo a quelle della tecnologia, permette in tempo reale di risolvere casi dubbi come fuorigioco, possibili falli da calcio di rigore e via dicendo. Al di là dell’esito del voto del 6 giugno - pare che il Var verrà confermato - appare evidente come la logica sia quella del tornare indietro, in nome di una non ben precisata tradizione. Qualcuno dirà «è il bello del calcio», qui si risponde che nella certezza delle norme, garantita dalla imparzialità della tecnologia, sta la vera bellezza. E questo discorso può estendersi a tantissimi altri ambiti della vita, a partire dall’economia.
Puntare il dito contro i robot che rubano il lavoro, tacciare la transizione sostenibile, e con essa le tecniche che la concretizzano, come ideologica, opporsi all’utilizzo dell’Intelligenza artificiale, sono tutte facce della stessa medaglia: la paura del cambiamento. L’ambiente deturpato, i salari fermi, i tempi di lavoro sempre più dilatati ci dicono che qualcosa nello sviluppo turbo capitalista è andato storto e che quindi è necessario porsi all’impresa e al business in generale con un approccio diverso. Si può discutere sui modi, anche sui tempi, ma non sulla sostanza. E non è progresso per amore del progresso, è una necessità ineludibile.
Non si può continuare a vivere di carbone, così come è finito il tempo dei fuorigioco non fischiati. In ogni caso si sa che le polemiche non finiranno grazie alla tecnologia, al bar così come in fabbrica.
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