Trasformare il sapere in sviluppo, ecco il CLab di UniBs
Ci si prova. Meglio: lo si fa. Come ricordava la nonna Letizia, le cose bisogna farle, non provare a farle. E così si parte.
Il CLab dell’università di Brescia è stato battezzato da chi di dovere e adesso comincia a muovere i primi passi. Prima cosa: far sapere cos’è, cosa farà, con chi e con che mezzi e con quali obiettivi. È il Contamination Lab, una struttura emanazione dell’università degli Studi di Brescia, che ci mette un suo primo stanziamento e lo tiene sotto la propria ala.
Obiettivo: creare una scuola di imprenditori, ragazzi di varie estrazioni e indirizzo culturale e universitario, metterli insieme, assegnare loro un tema, far sviluppare un’idea, spiegargli come si costruisce un’impresa, che è questione di tecnologia certamente, ma anche di cultura in senso ampio, persino di affetti e di testardaggine. Abc del come si fa un’impresa ai tempi del 4.0. Quarantacinque ragazzi (forse anche 60, dipenderà da quanto si riuscirà a portare a casa con i contributi delle aziende a completare i fondi dell’università). Percorso duro, che si affiancherà ai tradizionali corsi ed esami che i ragazzi degli ultimi anni dell’università (di qualsivoglia facoltà, questa è la contaminazione) dovranno frequentare sotto un tutor dell’università ma con formatori extra-università. Bella sfida. Magnifica, per meglio dire.
A presentare alle aziende e alla cittadinanza il CLab cittadino, in sala Libretti, c’erano la professoressa (Ingegneria) Giovanna Sansoni, e due imprenditori: Davide Peli (della Techne di Brescia, metrologia) e Francesco Buffoli (BuffoliTransfer, pure della città). Aziende diverse, accomunate dall’idea che star vicini all’università fa bene a tutti, come la Bcc dell’AgroBresciano che per prima si è detta pronta a dare il proprio sostegno (come ribadito ieri dal vicedirettore generale Comini) oppure come Raineri Design che ha voluto disegnare il logo del CLab, oppure ancora come il Csmt che del CLab ospiterà la sede.
Lo ricordate? Il grande navigatore che sbagliando strada scoprì un mondo, viene citato anche per il suo uovo. Come si fa a far stare in piedi un uovo? I commensali provano e riprovano. Niente da fare. Lui - Colombo - fa una leggera pressione e l’uovo se ne sta lì, bello dritto. Protesta dei commensali: tutti buoni a far così! E Colombo: «Voi avreste potuto farlo. Invece io l’ho fatto». Storiella pedagogica della prof Sansoni per ricordare come l’innovazione, il far cose nuove è mestiere e ispirazione di chi sta «fuori dal gregge» (titolo del libro di Massimiliano Magrini, che la profe consiglia). E non è mica detto che star fuori dal gregge sia appannaggio dei soli ing
I filosofi, per fare un esempio, avrebbero di che dire. E quindi si sperimenta la coabitazione delle teste, delle scuole e delle passioni diverse avendo un comune obiettivo: riuscire a trasformare il sapere in sviluppo. Riuscire a dimostrare che chi si è smazzato la Critica della Ragion Pura capace che in tasca abbia anche qualche buona idea o che magari sappa raccontare bene una storia.
Francesco Buffoli applaude all’idea del mettere insieme storie e formazioni diverse. Sono tempi nei quali ormai non si vendon più macchine ma funzioni. Cinque anni fa, nella classifica delle figure più ricercate dalle aziende il critical thinking (il pensatore critico) manco esisteva. Adesso è al secondo posto seguito dal creativity. E quindi, se tutto cambia anche sperimentare contaminazioni è una strada. Peli: è una buona idea. Ma ha un senso una «scuola» per imprenditori, in fondo non sta dentro, forse innato, il gene del fare impresa? «Forse sì o forse no, ma certo una scuola non guasta. A maggior ragione se, come sarà il CLab, si partirà dall’idea per arrivare al prototipo.E questo dice che sarà una scuola a forte vocazione concreta. Perfetta».
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