Il sustainability manager cerca spazio anche nelle Pmi bresciane

Barbara Fenotti
A dirlo la ricerca del laboratorio Rise dell’Università di Brescia: «Spesso la figura ricopre anche altri incarichi»
Manager al lavoro - © www.giornaledibrescia.it
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Quello del sustainability manager è un ruolo con un identikit ancora in via di definizione, tra multitasking e trasversalità. Di certo, però, c’è che in questo ambito la parità di genere è stata già raggiunta. È quanto emerso dalla ricerca condotta dal laboratorio Rise dell’Università degli Studi Brescia sulla figura professionale del manager di sostenibilità nelle aziende manifatturiere.

L’indagine

L’indagine, che ha coinvolto 80 manager, di cui 30 di imprese bresciane, è stata illustrata nei giorni scorsi alla presenza di Carmine Trecroci, professore dell’Università di Brescia e presidente della Rete delle università sostenibili. «Questa figura esiste attualmente solo nelle imprese grandi - ha osservato Trecroci -, mentre le Pmi, che sono il 98% del valore aggiunto dell’occupazione di questo Paese, vivono una condizione molto diversa». Alla presentazione è seguita una tavola rotonda con Emanuele Domingo, sustainability manager di Boehringer Ingelheim, di Isabella Manfredi, chief sustainability and communications officer di Feralpi, Laura Onorati, qhse & sustainability manager di Gewiss e di Eva Virtute, advocacy e sostenibilità di prodotto di Kion.

«Parliamo di un ruolo fondamentale ma ancora poco presente nelle aziende italiane, soprattutto in quelle piccole, per l’adempimento dei requisiti formativi e lo sviluppo sostenibile delle aziende» è stato il commento di Nicola Saccani, professore dell’Università di Brescia e co-autore della ricerca insieme a Gianmarco Bressanelli, Ilaria Cortesi e Alessandra Franzoni.

All'incontro presente anche Isabella Manfredi di Feralpi
All'incontro presente anche Isabella Manfredi di Feralpi

«Il manager di sostenibilità ha soprattutto competenze che riguardano la gestione del dato e la valorizzazione secondo impatti-rischi-opportunità e, con l’organo di governo, è integrato nelle direttive strategiche del nostro piano industriale - ha spiegato Manfredi di Feralpi -. Nonostante il freno a mano tirato dal Pacchetto Omnibus il 26 febbraio, Feralpi mantiene la volontarietà e la direzione dell'andare avanti rispetto agli obiettivi della strategia».

Cultura

Tra le sfide ancora da affrontare c’è in primis, come ha evidenziato la ricerca, la resistenza culturale al cambiamento nelle organizzazioni, evidenziata dal 62% degli intervistati. «Che sia un ruolo recente lo dimostra il fatto che oltre la metà degli intervistati lo ricopre da meno di tre anni - ha fatto presente Bressanelli -. Metà del campione agisce in multitasking, affiancando al ruolo di responsabile della sostenibilità un altro, ad esempio come responsabile qualità o sicurezza. Inoltre poco più della metà non ha un budget di spesa dedicato».

La ricerca ha analizzato anche le modalità di svolgimento di 14 attività tipicamente associate alla sostenibilità aziendale (dalla rendicontazione, alle certificazioni, all’analisi della rete di fornitura).

I profili

Ciò ha permesso di identificare i profili tipici dei sustainability manager delle aziende. «Ci sono diversi identikit - spiega Bressanelli -. Il più diffuso, ben un terzo degli intervistati, è quello focalizzato sulla comunicazione esterna, seguito da quello incentrato sul prodotto, che si dedica cioè prevalentemente ad attività di sostenibilità tecniche relative ai prodotti realizzati in azienda. Una fetta dei manager della sostenibilità copre entrambe le aree, ma pochissimi sono quelli a tutto tondo che presidiano in modo diretto e completo i temi Esg».

La scarsa maturità di molte aziende è testimoniata anche dalla diffusione del profilo di sustainability manager caotico, che si occupa, cioè, di attività in ambiti anche molto diversi e in modo destrutturato e viene coinvolto dietro necessità trainate da richieste specifiche estemporanee (ad esempio di clienti) o da urgenze.

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