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Su treni, autobus e navi, la transizione fa il pieno di idrogeno

L’Italia ha competenze industriali su tutta la filiera, dalla produzione al trasporto all’utilizzo
Idrogeno: l'energia del futuro
Idrogeno: l'energia del futuro
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Treni, autobus, taxi, flotte aziendali, mezzi di movimentazione nei porti, acciaierie, navi. Sono gli usi possibili dell’idrogeno per la transizione ecologica, per decarbonizzare l’economia già da oggi. In più, l’idrogeno può essere mescolato con il metano, per ridurre le emissioni di carbonio da questo gas.

L’Italia ha competenze industriali su tutta la filiera, dalla produzione al trasporto all’utilizzo. Ora le aziende chiedono di usare i soldi del Recovery Plan per sostenere questa filiera e per farla crescere. «L’idrogeno è un vettore energetico chiave, imprescindibile per la transizione ecologica - spiega Cristina Maggi, direttrice di H2IT, l’associazione di categoria delle imprese del settore -. Può contribuire a decarbonizzare vari settori: mobilità, industria, produzione di energia, riscaldamento».

Sulla mobilità, l’idrogeno serve soprattutto per il trasporto pesante. Per le auto private, l’elettrico è più concorrenziale, date le batterie leggere e la presenza di una rete di distribuzione diffusa. L’idrogeno non è facile da trasportare, e questo rende difficile impiantare una rete capillare di distributori. Ma per camion, treni, mezzi di movimentazione e navi, le batterie elettriche sarebbero troppo pesanti, e l’idrogeno è la scelta migliore per azzerare le emissioni. Basta un centro di produzione vicino al porto, all’autoporto o alla fabbrica.

E questa soluzione potrebbe essere conveniente anche per taxi e flotte aziendali. «Adesso il problema è costruire le infrastrutture - spiega Maggi -. Quando ci saranno, aumenterà anche la competitività dell’idrogeno. La tecnologia c’è, non bisogna inventarsi nulla. C’è ancora un problema di costi, ma occorre dare un sostegno allo sviluppo per farli calare».

In Italia ci sono pochi centri di produzione, pochissimi di idrogeno green, e un solo distributore al pubblico (a Bolzano). In pratica, la rete è quasi tutta da fare. «Ma nel nostro paese abbiamo competenze su tutta la filiera - dice Maggi -. Abbiamo grandi aziende come Snam, Fincantieri, Sapio, tante pmi di componentistica, come Solid Power che fa le celle combustibili. E poi ci sono startup interessanti che si affacciano nel settore».E poi c’è la possibilità di usare l’idrogeno nella acciaierie, al posto del carbone.

L’obiettivo finale della transizione è avere tutto idrogeno verde, prodotto dall’acqua con le fonti rinnovabili: centrali solari ed eoliche grandi e piccole, magari nel Sud Italia o nel Nordafrica, al servizio di centri di produzione, e una rete di condotte dedicate che portino il gas nei centri di distribuzione. L’idrogeno non è una fonte di energia come il sole o il petrolio, ma è un vettore. In natura non esiste da solo: va estratto dall’acqua o dal metano. L’energia che dà, è pari a quella usata per produrlo. Il suo vantaggio è che rilascia energia in modo pulito: ha come scarto soltanto vapore acqueo.

Ma c’è idrogeno e idrogeno. Oggi per lo più viene prodotto dal metano, emettendo un sacco di CO2. L’idrogeno così fatto (detto «grigio») non serve a decarbonizzare. Poi c’è l’idrogeno «blu», prodotto dal metano, ma con la cattura della CO2. Questa oggi viene iniettata sottoterra in giacimenti esausti. La cattura del carbonio viene avversata dagli ambientalisti, che la vedono come un processo inutile e costoso, che rallenta il passaggio alle rinnovabili. Infine, c’è l’idrogeno «verde», prodotto dall’acqua con l’elettricità da fonti rinnovabili. Questo emette solo ossigeno nel processo di produzione, e ha zero emissioni di gas serra nel consumo (emette solo acqua). La tecnologia per produrre l’idrogeno verde c’è già, ma la sua produzione va sviluppata su vasta scala e resa competitiva.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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