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Storia di Angelo, da Bornato alla Google di vino, birra e spiriti

Unico italiano che lavora a Wine Searcher, (Nuova Zelanda): «Siamo bravi, ma dobbiamo vendere 4.0»
Angelo Minelli, dalla Franciacorta alla Nuova Zelanda in nome del vino - © www.giornaledibrescia.it
Angelo Minelli, dalla Franciacorta alla Nuova Zelanda in nome del vino - © www.giornaledibrescia.it
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«In Europa l'idea di acquistare un vino tramite una app suona ancora folle. Ma il digitale è il nostro futuro e un Paese ricco di varietà e di storia come l'Italia deve imparare a sfruttarne i vantaggi, specie se tutto il mondo guarda con interesse ai suoi prodotti».

Parla Angelo Minelli, franciacortino nonché unico italiano fra i tredici wine specialist di Wine Searcher, il più grande motore di ricerca di vini online, con sede in Nuova Zelanda. Classe 1983, dal 2015 Angelo Minelli fa parte del team degli specialisti che gestiscono l'enorme database di Wine Searcher, il Google dedicato agli alcolici (80% vino, 15% birra, 5% spirits). Il sito non vende nulla, ma trova il vino, l'annata, il prezzo e il negozio dove si può trovare, i giudizi della critica e dei wine lovers. Il tutto per dieci milioni di offerte, 500mila prodotti e 60mila produttori da 160 Paesi.

Solita storia: il valore dei dati. Ma la vera miniera di Wine Searcher sono i dati: un'immensa mole di informazioni che rappresenta altrettante possibilità di business per produttori e rivenditori. «Noi ci serviamo dei dati per comprendere i gusti e le tendenze degli utenti - spiega Minelli, che ad Auckland lavora a fianco di altri 33 esperti (su 55 totali della società) -. Produttori e consorzi, tramite una versione a pagamento del sito, possono accedere al data system e così scoprire nuove potenzialità del mercato sulle quali elaborare offerte mirate».

Uno strumento, quindi, molto strategico per gli addetti ai lavori. Ma il Belpaese, e Brescia, lo sanno sfruttare? «L'Italia è terza nella classifica dei Paesi più cercati, dopo Francia e Stati Uniti - prosegue Minelli -. C'è un forte interesse per i nostri vini, che per qualità, varietà territoriali, valore artigianale e creatività delle aziende sono ineguagliabili. Il problema è che siamo ancora deboli sull'export, fermo al 20-25% grazie soprattutto a rossi intramontabili come Chianti, Sangiovese e Nebbiolo, e alle bollicine, con il prosecco che ne totalizza l'80%. Il motivo? «Manca una rete istituzionale a supporto dei produttori che, dal canto loro, conoscono poco i mercati esteri e le lingue».

Una fotografia che si riflette anche su quella Franciacorta dove Minelli, nato a Bornato, si è formato anche professionalmente. «Le difficoltà nazionali si vedono anche qui. Brescia ha però un'agricoltura molto avanzata e ci sono aziende eccellenti, a una delle quali devo molto». Laurea e poi Cà del Bosco. Dopo la laurea in enologia all'Università degli Studi di Milano, dal 2006 al 2014 Angelo ha infatti lavorato a Ca' del Bosco, «una realtà straordinaria, con professionisti eccezionali, che per me è stata una palestra senza paragoni. Però a trent'anni ero curioso di scoprire nuovi Paesi e il loro modo di lavorare. Così sono partito per l'Australia». Lasciando non solo un posto sicuro ma anche il vigneto di famiglia, sorto in quattro ettari fra le mani del nonno e allargatosi a 12, negli anni, grazie al lavoro costante di Angelo e oggi della sorella Barbara.

Fra corsi e ricorsi, con la spola da un capo all'altro del globo, è proprio qui che adesso l'enologo franciacortino guarda per il suo futuro. «I nostri vigneti sono nati grazie a mio nonno e a mio zio Giuseppe decenni fa. Un vigneto in Franciacorta. Oggi sono diventati il nostro progetto familiare - racconta -. In un paio d'anni vogliamo arrivare a produrre 150mila bottiglie all'anno. Gli ingredienti fondamentali? Qualità, meccanizzazione, collaborazioni internazionali e tanto export». Si riparte, insomma, sul doppio binario di tradizione e innovazione. Perché «il punto non è snaturarsi, ma riuscire a stare al passo coi tempi. Quindi andare veloci, continuando però a fare cose belle».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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