Sicurezza informatica, il vero rischio è non essere consapevoli
C’è un termine, quasi antico, che sorprendentemente si è ripetuto durante l'incontro in Sala Libretti al GdB con Fasternet, riecheggiando analogo concetto sentito in convegni internazionali: ed è consapevolezza. È una virtù che pensavamo desueta e che invece nella nuova cassetta degli attrezzi 4.0 bisogna prepotentemente ritirare fuori.
«È il vero vulnus delle nostre aziende. La vera fragilità nascosta e per questo doppiamente perfida», commenta Giancarlo Turati. «Semplicemente e tremendamente le aziende - molte, non tutte per fortuna - non hanno la cognizione di quel che significa sicurezza informatica, sono tutte protese a fare investimenti in macchinari ma si dimenticano, sottovalutano, se ne scordano addirittura, che quelle macchine, quei software, il patrimonio di dati che hanno dentro va difeso.
Se i dati sono il vero nuovo tesoro va costruito attorno a loro una difesa. Serve, appunto, la consapevolezza di quel che si ha e quindi urgono investimenti conseguenti. Fra i sei trend che analisti importanti segnalano per chi vuole continuare a fare business, la sicurezza informatica è al primo posto. Poi ci sono i problemi della geopolitica e la significatività dell'intelligenza artificiale, ma - al primo posto - viene la sicurezza informatica.
Chi arriva prima ad avere questa cognizione e quindi, e di conseguenza, chi avvia per primo processi di difesa e controllo ha maggiori garanzie di continuare a fare impresa. Non ha la sicurezza assoluta (questa non la può dare nessuno) ma certamente parte avvantaggiato. Il problema è questo: i dati conteranno sempre più, e quindi sempre più bisognerà alzare difese per la loro integrità».
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