Se le aziende vogliono i veri talenti, devono cercarli a scuola
Il rapporto si è invertito. Fino a non tanto tempo fa erano gli istituti tecnici, le scuole più in generale, a cercare di entrare in contatto con le aziende. Ora invece avviene esattamente il contrario. Grazie al tour Da Vinci 4.0, il GdB sta visitando insieme a Talent Garden e TheFabLab le scuole tecniche bresciane.
Oltre a lavorare a stretto contatto con i ragazzi, ai quali - con il prezioso contributo dell’esperto di nuove tecnologie Massimo Temporelli - mostriamo una panoramica del lavoro del futuro, questo progetto ci consente di aprire un canale di comunicazione importante con docenti e dirigenti scolastici.
Diventa così illuminante poter fare quattro chiacchiere a tu per tu con i presidi degli Itis. Sono proprio loro, infatti, ad offrirci una diversa chiave di lettura e diversi spunti di riflessione sul loro mondo e su come le aziende si interfacciano con la scuola stessa.
«È proprio il tessuto produttivo a chiedere di essere coinvolto nelle nostre attività - spiega Oliva Marella, dirigente scolastica del Cristoforo Marzoli di Palazzolo sull’Oglio (1.412 studenti, 743 frequentanti il liceo e 669 il tecnico) -. Credo sia proprio questa la nuova dimensione che deve avere la scuola, deve porsi come ente di riferimento per un territorio, sia nella sua dimensione produttiva sia in quelle istituzionali, sociali o culturali».
Cosa intende per ente di riferimento?
«All’interno delle nostre aule ci sono idee e progettualità di grande valore, che arrivano dagli studenti così come dai docenti. Tutto ciò ci permette di offrirci come una risorsa per il tessuto che ci circonda. Siamo una forza in qualche modo persino nuova e come tale abbiamo ampi margini di crescita e miglioramento. Se il rapporto rimane invece unidirezionale, cioè noi che cerchiamo interlocutori esterni, si corre il rischio di involversi e non è certo questo il tipo di approccio che desideriamo offrire».
Questo però nel suo istituto non succede.
«Sono soddisfatta di come sta andando il percorso formativo dei ragazzi, aperto a ciò che c’è all’esterno grazie anche ai rapporti venutisi a creare con le aziende: sono oltre 200 quelle con le quali interagiamo, un dialogo che si è cementato nel tempo. A ciò ha contribuito positivamente anche l’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro».
L’alternanza ha creato pareri contrastanti all’interno del mondo della scuola, se non nell’idea di fondo di certo nella sua applicazione. Qual è il suo punto di vista?
«La ritengo un’opportunità straordinaria per gli studenti. Certamente creare dei percorsi di alternanza validi e che tengano conto delle reali attitudini dei partecipanti non è facile. Ci vuole un grande impegno soprattutto da parte del corpo docente, chiamato a costruire progetti con finalità sia orientative, per fornire una possibile visione del futuro ai giovani, sia volto a sviluppare competenze trasversali. Per fare ciò è necessario conoscere le specifiche caratteristiche di ogni studente al fine di fornirgli proposte interessanti e realmente formative».
Il monte ore dell’alternanza è però stato ridotto dall’ultima legge di bilancio.
«Forse le ore erano davvero troppe, ma un taglio così drastico crea un problema molto concreto: la diminuzione dei fondi a disposizione. Per fare l’alternanza in modo serio ci vuole un lavoro importante che preceda l’esperienza in sé e per sé. Tale lavoro in capo ai professori, del quale non posso che dirmi contenta, purtroppo viene così in parte sminuito».
Al di là delle difficoltà però pare di capire che lei si ritiene soddisfatta.
«Assolutamente sì, sia per quanto attiene il liceo sia l’istituto tecnico. In relazione a quest’ultimo ho inoltre registrato una crescita di interesse da parte delle famiglie e dei ragazzi. Quest’anno abbiamo avuto 170 iscritti al primo anno, sebbene purtroppo alcuni non potranno essere accettati».
Perché?
«Il motivo purtroppo è molto semplice: non abbiamo gli spazi necessari a ospitarli tutti. Razionalizzando al massimo le risorse a nostra disposizione, negli anni scorsi siamo arrivati ad avere fino a 63 classi tra liceo e tecnico, ma più questo non si può davvero fare. Ogni anno perciò, è assolutamente inevitabile, dobbiamo reindirizzare verso altri istituti diversi giovani. Ci dispiace molto, anche perché la nostra volontà è quella di soddisfare il maggior numero di domande, ma l’infrastruttura non ci permette di rispondere a tutte le richieste».
Diceva però che il tecnico sta riscuotendo successo.
«Esatto, in tutti e quattro gli indirizzi cioè Meccanico, Elettronico, Informatico e Chimico. Quest’ultimo in modo particolare sta letteralmente prendendo il volo nonostante le poche richieste iniziali, anche perché sempre più aziende necessitano di tecnici che abbiano conoscenza proprio in questo settore. Da noi è frequentato anche da molte ragazze, rarissime invece nelle classi del Meccanico. Si tratta di un problema che non scopriamo certo ora ma che mi auguro possa essere superato, anche grazie alla trasformazione del modo di lavorare che la tecnologia inevitabilmente imporrà».
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