Se l’automotive investe nel «green» genera benefici per tutti i settori
Sedici aziende bresciane unite da un settore, l’automotive, e da un tema, la sostenibilità. Una ricerca promossa dai Giovani Imprenditori di Confindustria Brescia, con il sostegno di Intesa Sanpaolo e 1000 Miglia srl e realizzata dall’Università degli Studi di Brescia, ne ha messo sotto la lente d’ingrandimento politiche e investimenti sostenibili, per comprenderne il posizionamento e calcolarne l’impatto economico.
Lo studio, intitolato «Sviluppo industriale, circolarità e sostenibilità» (Sics), è durato due anni ed è stato condotto da Sergio Vergalli, docente di politica economica all’Unibs, e dal suo team di ricercatori: «Una ricerca di ampio respiro» la definisce il presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria Brescia Francesco Veneziani, promossa per «affrontare le sfide del futuro, in particolare quelle che attendono il comparto automotive, con maggior chiarezza e consapevolezza».
Risultati
L’analisi, i cui risultati sono stati presentati nella sede di Confindustria Brescia, si è svolta in due fasi. I ricercatori hanno prima indagato i temi della sostenibilità ritenuti più importanti dalle 16 aziende (che insieme contano un fatturato aggregato di 1,9 miliardi di euro e quasi 5.000 dipendenti), e poi analizzato l’impatto economico, ambientale e occupazionale che gli investimenti green hanno avuto su sei di loro.
È così emerso come negli sforzi economici collegati al fotovoltaico ogni euro speso ne generi 1,32, con un impatto occupazionale di circa 22 unità lavorative per ogni milione, mentre nei progetti in efficientamento energetico ogni euro ne generi 1,56 e 24,27 unità lavorative per ogni milione.
Ma ogni euro investito nell’automotive bresciano impatta anche su altri settori: a beneficiare di più dell’allocazione di risorse nel fotovoltaico sono le costruzioni, col 33% del valore aggiunto e il 34% dell’indotto lavorativo. Seguono servizi professionali (14% e 19%) e amministrazione (13% e 17%), mentre per l’efficientamento energetico ne traggono i maggiori vantaggi i servizi professionali (33% del valore aggiunto e 42% dell’indotto lavorativo), poi le costruzioni (16% e 16%) e la metallurgia (12% e 8%).
Terreno comune
Per Vergalli un aspetto innovativo è aver portato 16 aziende su un terreno comune, la sostenibilità: «Parlare un linguaggio simile è uno dei primi passi verso una collaborazione di fronte alla transizione ecologica e alla competizione globale. È importante che comprendano i nuovi macrotrend del futuro per potersi preparare, favorendo la crescita comune».
Nelle aziende è emerso l’impegno nella gestione dei rifiuti, ma anche la consapevolezza che sempre più centrali sono qualità dell’aria e biodiversità: «Collaborazione tra imprese e biodiversità - spiega Vergalli -, potrebbero diventare i nuovi concetti chiave emergenti, come fu a suo tempo la sostenibilità. Inoltre, il calcolo di valori indiretti come l’indotto e i valori socio-ambientali sta diventando sempre più importante per le imprese».
Per gli sponsor, la ricerca si inserisce in una visione d’insieme sulla sostenibilità: «A Brescia siamo impegnati a diffonderne e rafforzare la cultura - spiega il direttore regionale Lombardia sud di Intesa San Paolo Marco Franco Nava -, col nostro Laboratorio Esg e sostenendo progetti come Sics». Per il ceo di 1000 Miglia srl Alberto Piantoni la sostenibilità «è parte integrante del Made in Italy, che può costituire un importante asset competitivo. Per questo - conclude -, abbiamo partecipato al progetto, un’importante spinta a tutta la nostra provincia».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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