Se la blockchain serve a rendere sicuri i cibi che mangiamo
In molti la inseriscono, insieme all’intelligenza artificiale, tra le tecnologie dell’Industry 5.0, un altro passo in avanti della trasformazione digitale. La blockchain effettivamente è destinata a mutare radicalmente molti settori produttivi, sebbene fino ad oggi sia principalmente conosciuta per il suo utilizzo nell’ambito della criptovalute quali i bitcoin.
Ma la blockchain ha molte più applicazioni possibili. Nello specifico si tratta di un registro digitale, che sfrutta la crittografia per garantire il massimo della sicurezza, distribuito tra vari «nodi» sul web. La peculiarità di tale registro è che una volta inserita e validata un’informazione questa è pressoché immodificabile. I vantaggi per il mondo produttivo, ma anche per il contesto sociale, sono evidenti.
Un esempio emblematico di queste potenzialità lo offre la startup Foodchain con sede nel parco scientifico ComoNext di Lomazzo ma che ha siti organizzativi anche a Torino e Trento. Nata nel 2017, Foodchain sfrutta la tecnologia dei nodi per tracciare la filiere produttiva di alimenti destinati al largo consumo.
Su una piattaforma vengono registrati i singoli prodotti ciascuno caratterizzato da un codice univoco, inserito nel registro creato ad hoc sfruttando la blockchain e associato all’azienda che lo produce. Il consumatore nel momento dell’acquisto o un potenziale cliente dell’impresa può così consultare (utilizzando anche semplicemente lo smartphone tramite la scansione di un qr code) questo database che garantisce qualità e affidabilità. Con la certezza delle informazioni si può inoltre combattere il sempre più diffuso fenomeno della contraffazione, poichè il percorso del prodotto e veritiero e certificato, dalla terra alla tavola.
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