Raggi ultravioletti e droni: i meloni di Francesca sono più dolci
Molte delle prime grandi invenzioni dell'uomo sono nate con un solo fine, aiutarlo nei campi. L'agricoltura è sempre stata una culla di sperimentazioni e applicazioni tecnologiche e anche ora, al tempo della rivoluzione digitale, il settore è in prima fila alla ricerca di nuovi orizzonti. Vale per quel che si può sperimentare a livello di coltivazioni e vale per l’uso di macchine e strumenti per la coltivazione stessa.
Dati, tecnologie abilitanti e integrazione uomo-macchina hanno infatti trovato nella filiera dell'agrifood un terreno fertile nel quale svilupparsi. Non solo però colossi come Cisco e Bosch stanno dimostrando sempre più interesse per l'agricoltura 4.0, in Italia così come nel resto del mondo, anche piccole e medie realtà del territorio hanno colto le grandi potenzialità offerte dal digitale.
Ne è un esempio l'Azienda Ortofrutticola Nadalini di Sermide, nel mantovano, 4,5 milioni di fatturato e tra le prime produttrici di melone liscio in Italia. «Un melone è composto per l'85% da acqua e per il resto da zuccheri, dalla cui concentrazione dipende la qualità del prodotto - spiega Francesca Nadalini, alla guida dell'azienda insieme al padre Roberto -. Utilizziamo la tecnologia Nir, cioè un fascio di luce ultravioletto, per capire le caratteristiche di ciascun frutto dal peso al Brix, cioè il grado zuccherino».
La luce Nir (Near Infrared Reflectance) è in grado di analizzare 4 meloni al secondo che scorrono sul nastro trasportatore «creando un'enorme mole di dati per noi importantissima, perchè ci permette di organizzare il business - sottolinea Nadalini -. Conoscendo l'intensità degli zuccheri possiamo destinare i prodotti a quello o quell'altro cliente, a seconda della dolcezza che richiede».
Ma il 4.0 nell'azienda del mantovano è arrivato anche in una delle sue forme più stupefacenti. Per controllare la grande estensione dei campi e per monitorare lo stato di salute delle piante, l'azienda da un paio di anni utilizza dei droni. «Possiamo capire se le piante hanno bisogno di più o meno calore oppure se è necessario intervenire con dei fitofarmaci - conferma la trentasettenne mantovana - . Una termocamera posta sul drone ci fa capire quando una pianta necessita di essere curata, perché come negli uomini la temperatura sale in caso di malattia, una vera e propria "febbre". Scoprendo dove intervenire, possiamo agire coi pesticidi in modo mirato, senza bisogno di interventi massicci».
La quarta rivoluzione digitale al servizio delle coltivazioni e dell'allevamento è quindi un tema sempre più attuale. Rise e Sdf. L'Osservatorio Smart AgriFood coordinato dal Laboratorio Rise (Research and innovation for smart enterprises) dell'università di Brescia e dal Politecnico di Milano, si è costituito nel 2017 proprio con questo obiettivo: aumentare la competitività del comparto grazie all'ausilio del digitale. Centrale in questo processo è ovviamente l'estrazione e l'analisi, attraverso la sensoristica dei dati, che nel settore agroalimentare possono giungere sia dai campi, sia dai veicoli operanti al loro interno sia dagli stabilimenti di lavorazione.
Nel corso del primo incontro operativo dell'Osservatorio che si è svolto al Crit di Cremona, Andrea Bacchetti del Rise ha presentato il gruppo Sdf (l’ex Same, 1,3 miliardi di fatturato), leader nella produzione di trattori, macchine da raccolta e motori diesel con sede a Treviglio, nella bergamasca, che ha fornito la propria visione di campo "integrato". In particolare è stato presentato il progetto di un vigneto connesso, dove le tecnologie abilitanti (dalla geolocalizzazione montata sui trattori a sistemi di rilevamento meteo) e i dati concorrono a creare un sistema automatizzato, integrato e semplificato.
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