Opzione biopesticidi: salvare le api salva la nostra salute

Biopesticidi per tutelare le coltivazioni e le specie animali. Sì, anche quelle rare, come le api, che in un futuro vicino potrebbero accostarsi alle piante senza subire effetti letali. È uno dei risultati di iPlanta, il progetto finanziato dall’Unione europea nell’ambito del programma Cost, che negli ultimi quattro anni ha impegnato 200 ricercatori di 23 paesi diversi sulla tecnica di miglioramento genetico dell’RNA-interference (RNAi) per l’agricoltura.
Partito per migliorare la composizione delle piante, iPlanta si è poi concentrato sulla realizzazione di nuovi biopesticidi in grado di «silenziare» specifici geni degli insetti che causano danni alle coltivazioni. Tutto si basa sulla tecnica RNAi: «È un meccanismo che esiste in natura e permette alle cellule di difendersi dai virus - spiega Salvatore Arpaia, ricercatore del Centro Ricerche Trisaia di ENEA, tra i referenti italiani di iPlanta -. Con l’RNAi viene creato in vitro un Rna (acido ribonucleico) con un disegno molto specifico in grado di riconoscere una sequenza molto breve. Inserendolo in una cellula, può riconoscere l’Rna messaggero di un virus e silenziarlo: lo blocca e gli impedisce di produrre proteine. I ricercatori hanno ricreato varie sequenze letali per insetti nocivi e realizzato biopesticidi che una volta spruzzati sulle piante agiscono senza danneggiare altri organismi».
In estrema sintesi, questa tecnica utilizza piccole molecole di Rna per interferire («silenziare») con l’espressione di geni che possono avere risvolti negativi sulla vita delle piante, come quelli della cimice asiatica, senza al contempo danneggiare quelli di api o coccinelle. Com’è possibile? «Conosciamo bene il genoma delle api - dice Arpaia -, e quindi è possibile disegnare un RNAi che non lo intacchi. Alcune grandi aziende sono addirittura riuscite a sintetizzare un Rna che colpisce il Varroa destructor, un acaro parassita che attacca le api. Se questo Rna viene fatto ingerire alle api sottoforma di sciroppo, queste possono proteggersi sostanzialmente da sole».
I biopesticidi studiati da iPlanta sono ancora in via sperimentale ma hanno tutte le carte in regola per essere riprodotti su larga scala e rispondere alle esigenze del mercato. Lo conferma Vera Ventura, ricercatrice di Scienze agrarie e veterinarie all’Università degli Studi di Brescia, che per iPlanta ha coordinato lo studio sugli impatti socio-economici dei biopesticidi: «L’Europa sta spingendo sempre di più verso un’agricoltura sostenibile. Si pensi solo alla strategia Farm To Fork, che fra i tanti obiettivi ha anche la riduzione del 50% dei prodotti sintetici per la difesa delle piante entro il 2030. È un obiettivo molto ambizioso, ma i produttori stessi stanno già cercando soluzioni alternative perché sanno che i pesticidi tradizionali saranno eliminati e molti sono già vietati».
Non solo, ma oltre a tutelare di più l’ambiente biopesticidi innovativi come quelli di iPlanta permetterranno, secondo Ventura, anche lo sviluppo di nuovi mercati dove troveranno spazio anche startup e piccole imprese. Questo anche grazie alla crescente sensibilità ambientalista dei consumatori, che sta contribuendo «ad abbassare i costi di produzione delle soluzioni green, visto l’aumento della domanda».
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