Mecspe, nel tunnel dell'innovazione la vetrina del nuovo mondo
La porta d’ingresso l’hanno chiamata tunnel dell’innovazione. Denominazione che può apparire inquietante, di un posto buio di cui non vedi la fine. In realtà un po’ fosco lo è. Ma è un tunnel magnifico. Un luogo dove quattro eccellenze industriali nazionali hanno un posto d’onore per far vedere e sapere quel che oggi si può fare con la tecnologia, casiconcreti, aziende di un certo peso.
E c’era la siderurgica Ori Martin di Brescia che con la Tenova presentava quel che si può fare oggi davanti al forno. Un piano da 6,5 milioni (già per oltre la metà avviato) per mettere un robot che preleva un campione di acciaio liquido, ne verifica la temperatura, va dentro al forno e con telecamere (siamo a 1600° C) rileva lo stato dell’arte. Prima qui ci stavano delle persone, un lavoro, diciamo così, non esaltante, pesante, anche rischioso. Adesso se ne stanno in cabina a vedere che il robot faccia quello che deve fare. Tre robot - dice Maurizio Zanforlin, responsabile R&S - giù funzionano, altri due verranno installati. Stand di grande suggestione, luci, ombre e fiamme con il robot (l’abbiamo battezzato il Gino) che simula l’immersione in un forno. «Al di là ed oltre l’alleggerimento lavorativo, robot e sensori ci danno una visione e valutazione oggettive e omogenee» che con l’intervento umano non sempre è possibile.
Mecspe assalito, come da qualche anno, da visitatori. Oltre duemila espositori, quasi un centinaio nostrani. C’è la Tiesse Robot di Visano che fa innalzare una moto con i suoi robot, affollato lo stand della Metalwork di Concesio e della Gimatic di Roncadelle-Bagnolo (pinze pneumatiche, leader di nicchia) rilevata qualche mese fa dalla Barnes, Usa. Il Mecspe dà l’idea di come sia stata esponenziale la crescita e l’interesse per le nuove tecnologie. In due-tre anni visitatori raddoppiati suppergiù. Realtà virtuale e aumentata (molti stand), c’è chi fa dimostrazioni con l’esoscheletro che aiuta chi deve fare lavori ripetitivi e pesanti non rimpiazzabili da un robot. Inquietante? Forse. Provato: sensazione di leggerezza nel fare sforzi.
Ovviamente non sono una novità. L’impressione, anche col conforto di qualche operatore, è che però adesso sono arrivati. Il cobot che entra naturaliter dentro la fabbrica, sul tavolo di lavoro, fianco a fianco con il lavoratore. Leggeri, relativamente economici, di facile programmazione. Il braccio snodato rischia di essere il vero killer dei posti di lavoro. Lo scrivo sapendone i rischi. Ma ho visto cobot (fino a 3 chili di peso spostabili, da 3 a 5, e da 5 a 10 kg) con programmazione a prova di quasi-idiota e costo pari alla metà (e in qualche caso alla metà della metà) di un dipendente. Ma questi vanno H/24. Rimpiazzeranno i lavori ripetitivi? Certamente sì, ma la frontiera si è aperta. E dopo non sai dove si andrà.
Ma del resto, per restare al tema appena detto, che si deve fare nelle fabbriche, magari in alcune fabbriche e magari ancora in qualche reparto di fabbrica? Se date un occhio ad un sondaggio condotto al Mecspe fra le aziende, emerge che per quasi due ragazzi su tre la fabbrica non appare come un posto particolarmente attraente. E quindi, per dirla papale papale, o importi manodopera a bassa qualificazione o installi una linea di cobot. Secondo voi come andrà a finire?
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