L'invasione dei gilet arancio: i prof Itis per un giorno all’Ivar
Metti una trentina circa di professori per un pomeriggio in azienda. Solo loro, nessun studente attorno cui badare. Due ore buone per capire come funziona un’azienda, come la si gestisce, che macchine utilizza, che software usa, quali sono i problemi che incontra nel trovare personale e quali criteri adotta per la selezione. Insomma: un pomeriggio del tutto particolare dove - finalmente - i professori entrano in fabbrica, la vedono, la respirano, cercano di capire come funziona e di capire i problemi che può avere ma anche di verificare le potenzialità economiche e di lavoro che una fabbrica offre.
Nel caso specifico una bella fabbrica: la Ivar di Prevalle, bella nei numeri (152 milioni di fatturato a livello di gruppo, 400 addetti, 25 mila mq coperti, oltre 5 milioni l’anno di investimenti) ma anche bella per come si presenta, bella anche per questa idea che si respira ovunque dell’attenzione all’ambiente. Una fabbrica, per usare il loro slogan, che genera «good ideas».
I professori arrivano dagli Itis di Montichiari e Lonato. E l’iniziativa rientra in una sorta di sperimentazione (avviata, prima inItalia qui nel bresciano) e che ruota attorno all’Uda, l’Unità didattica di apprendimento. Ovvero ad un piano di studi che vede coinvolti nella stesura l’intero consiglio di classe con ogni professore chiamato a dire e dare, a trasferire in classe e nel piano di studio l’obiettivo dell’Uda. Che, nel nostro caso, ha per obiettivo quello di formare manutentori e assistenti tecnici. Il che significa, per chiudere questa parentesi didattico-pedagogica, che nel caso specifico l’Uda di Manutenzione e Assistenza tecnica è stata anche ideata col contributo delle aziende.
E non a caso il gruppo dei professori era accompagnato da Laura Galliera, responsabile del settore Education di Aib. Diciamo che, da quest’anno, anche la struttura scolastica può interfacciarsi meglio con le aziende. E non a caso, in Ivar i docenti son stati accolti con un inequivoco «Benvenuti, a noi i manutentori servon come il pane».
Primo impatto, evidente. Le fabbriche (non tutte, certo Ivar) non son più quelle di una volta. «Sono sorpresa dalla pulizia», commenta una profe (matematica) osservando come, nonostante le molte macchine ed isole di lavoro, il pavimento grigio chiaro sia tale (anche per effetto di macchine per pulizia-robot che ogni tot si staccano dal loro sgabuzzino e cominciano a girare). E queste isole di lavoro come funzionano, che tipo di utensili usano, come fate a gestire i molti cambi di utensili? Lavorate solo ottone o anche alluminio? E nuovi materiali? Cosa chiedete ai ragazzi che intendete assumere, qual è la cosa più importante? (risposta: «Che siano curiosi e desiderosi di apprendere»). E così per due ore.
Commento finale: per l’azienda fare queste cose comporta energie. Ma «abbracciare» i prof è indispensabile. Se vogliamo far ripartire la scuola un passo indispensabile è quello di ridare energia a chi deve insegnare.
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