L’Intelligenza artificiale motore delle transizioni ma le Pmi sono in ritardo
L’Intelligenza artificiale non è solamente ChatGpt. Un’affermazione di certo scontata, quasi banale, ma che serve per mettere un po’ di ordine in un ambito dove le teorie più varie si diffondono giorno dopo giorno, contribuendo a creare grande confusione.
L’Ia infatti è già ora, e sarà sempre più, uno strumento al servizio delle imprese, chiamate a implementare la tecnologia per non perdere il treno dell’innovazione e quindi della competitività. Esattamente come successo (e sta succedendo) con Industria 4.0 prima e con la sostenibilità poi.
Approfondimento
E a fare chiarezza in questo senso arriva uno studio realizzato da CIM4.0, il Competence center di Torino che promuove la manifattura additiva e le tecnologie per la digitalizzazione delle aziende. Secondo il report l’Intelligenza artificiale contribuirà a ridurre i costi di produzione a carico delle imprese, introducendo efficienze, migliorando la precisione e ottimizzando l’intera filiera.
C’è però attualmente un forte divario nell’adozione di questo strumento tra grandi e piccole realtà italiane: solo l’8% delle Pmi utilizza infatti l’Ai nella produzione e il 6% nella logistica, mentre nelle grandi aziende tali percentuali raggiungono rispettivamente il 26% e il 32%.
A frenare le società sono soprattutto le difficoltà di misurazione del valore monetario della tecnologia, la scarsa formazione del personale, la difficoltà nel reperire competenze adeguate e, manco a dirlo, i ritardi nella digitalizzazione. Queste criticità, secondo gli esperti del Comptence center, rappresentano quasi il 62% della totalità dei problemi che l’industria affronta quando considera l’ipotesi di avviare iniziative legate all’Intelligenza artificiale.
La sua adozione sarà però fondamentale soprattutto per il percorso verso la sostenibilità economica e ambientale e la transizione 5.0 per la piccola media impresa. In poche parole secondo l’hub torinese non ci può essere alcun tipo di cambiamento senza Ia.
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