L'evoluzione della tecnologia non ci renderà più felici
Dall'homo faber fino al cyborg di Manfred Clynes e Nathan Cline negli anni Sessanta, il fil rouge che lega l'uomo all'evoluzione della tecnica è il fatto che questa è, da sempre, espressione della potenza umana sulla realtà circostante. Oggi però il desiderio di potenza insito nell'uomo rischia di aprire scenari inquietanti che sfuggono al suo stesso controllo.
È questa la riflessione fuori dal coro proposta da monsignor Giacomo Canobbio, professore di Teologia sistematica presso la Facoltà Teologica dell'Italia settentrionale, durante il seminario sull'intelligenza artificiale di mercoledì scorso. «Fin dall'inizio dei tempi l'essere umano ha teso a una vita priva di limiti. È la natura più profonda del suo desiderio. La tecnica, nella sua accezione più ampia, rappresenta lo sfondamento del limite - ha esordito Canobbio -. A lungo ha prevalso nello sviluppo tecnologico un'intenzionalità partecipativa, cioè l'idea che la tecnica fosse una possibilità per tutti di combattere la mortalità. Oggi invece le cose sono cambiate».In che modo? «L'innovazione tecnologica è divenuta progressivamente monopolio di alcuni e dei loro desideri, generando così disuguaglianze e mutamenti profondi». E non solo in termini economici, ma, secondo il teologo, proprio nella concezione di uomo come soggetto irriducibile. A metterla in discussione sono in primo luogo gli organismi plasmati con elementi artificiali, gli esseri bionici come il cyborg, che oggi ha perso tuttavia parte del suo aspetto fantascientifico per diventare quasi una prassi in campi come il biomedicale (basti pensare alle protesi sensorizzate).
In secondo luogo, e soprattutto, i colossi del tech come Google, dei social media o della distribuzione commerciale (come Amazon) che non nasconde l’ambizione di crescere all’infinito andando ormai a toccare ambiti i più diversi. Dove si arresteranno, semmai lo faranno, questi colossi? «Quando Larry Page fondò Alphabet (Google e dintorni; ndr) disse che l'obiettivo dell'azienda era di migliorare il mondo. «Don't be evil», non essere malvagio, era il suo motto. Eppure questi big tech che si sono proposti come difensori del pluralismo e dell'identità del singolo hanno finito per asservirci acquisendo i nostri dati - ha osservato mons. Canobbio -. Ciò significa, come ha spiegato Franklin Foer nel suo libro "I nuovi poteri forti", che Amazon, Apple e Facebook ora possono pensare per noi e fare scelte al nostro posto».
Non è una esagerazione. Amazon, per fare un esempio, ha adottato una pubblicità che più o meno dice: vi stiamo portando cose che ancora non avete ordinato. Sulla scorta, ovviamente, dei dati delle nostre preferenze sin qui espresse possono immaginare quel che immagineremo. Da qui, l'invito di monsignor Canobbio: se nel XII secolo Bernard di Chartres ammoniva i moderni ricordando loro che erano solo nani sulle spalle dei giganti, i nani contemporanei potrebbero approfittare del loro punto di vista privilegiato per porsi alcune domande. Per esempio: siamo sicuri che tutto questo migliorerà le relazioni interpersonali e la nostra felicità?
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