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Le molecole intelligenti che salvano l’acqua dallo spreco

La sfida della ricercatrice bresciana Federica Costantino per un nuovo metodo di depurazione
La presentazione della ricerca
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Si stima che nel 2050 la domanda di acqua potabile aumenterà del 55% e, allo stato attuale - complice anche il tasso di crescita della popolazione - risulta difficile soddisfare il fabbisogno mondiale. Accade perché la maggior parte delle riserve idriche del pianeta è contaminata delle attività umane: inquinano i coloranti industriali, i metalli pesanti, i concimi e i fertilizzanti agricoli, inquinano anche il comune gesto di lavarsi le mani, i farmaci e i detergenti per la cura della persona e della casa.

Che fare dunque per invertire la rotta, salvaguardare le riserve idriche e garantire così l'approvvigionamento necessario alla sopravvivenza? Al netto del contributo quotidiano che ognuno è invitato ad apportare (chiudere i rubinetti, optare per saponi solidi o con percentuali biodegradabili) una possibile risposta arriva dal mondo «nano» e, in particolare, dalla combinazione tra nanotecnologia e luce.

A spiegarlo è Federica Costantino, ricercatrice trentenne al quarto anno del dottorato in Science dell'Università Cattolica di Brescia, che ha sviluppato una ricerca sui Processi Ossidativi avanzanti (AOP's - Advanced Oxidative Process) nel laboratorio I-Lamp della sede bresciana dell'Ateno, all’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova e al Radiation Research Lab dell'Università di Notre Dame (Usa).

Federica Costantino in laboratorio - © www.giornaledibrescia.it
Federica Costantino in laboratorio - © www.giornaledibrescia.it

«Mi occupo di sintetizzare nanoparticelle all'interno di polimeri, i Nanocompositi, che esposti alla luce si attivano per degradare le specie che contaminano l'acqua. Nello specifico, le radiazioni elettromagnetiche della luce, i fotoni, eccitano gli elettroni di materiali che sono in grado di interagire con gli inquinanti, innescando processi ossidativi a cascata» spiega la ricercatrice. In parola? Fotocatalisi. «Ciò è possibile grazie ad una classe innovativa di materiali, cosiddetti "smart", ovvero molecole intelligenti che funzionano sfruttando risorse naturali come la luce solare».

L’adozione di questa tecnica permetterebbe dunque di abbandonare gli attuali metodi di purificazione dell'acqua, basati sull’assorbimento o sulla coagulazione degli inquinanti, concentrando questi ultimi senza tuttavia eliminarli dalla falda acquifera. «Distruggerli richiede infatti un processo ulteriore, che spesso le amministrazioni comunali o gli enti deputati non attuano poiché significa tempi e costi aggiuntivi.

Non solo: spesso tali metodi si affidano a particelle di polvere, che è essa stessa un inquinante e necessita quindi a sua volta di purificazione, senza poter essere riutilizzata», precisa infatti Costantino, che ha inizialmente concentrato l'attenzione sui coloranti usati nell'industria tessile e conciaria. «L’alternativa che ho sviluppato sono le fibers membrans - polimeri derivati da cellulosa, materassini fibrosi dai 3 ai 5 nm - funzionalizzati con cerio e platino. Sono maneggevoli, atossici e riutilizzabili».

Un traguardo epocale (basti pensare che il diritto all’Acqua pulita è il sesto dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile previsti dall’Agenda Onu 2030) a cui si somma l’ultima evoluzione della ricerca di Costantino, che va nella direzione di ricavare energia verde proprio dalla distruzione degli inquinanti predetti. «Con la fotocatalisi, ovvero scindendo molecole di acqua per ottenere Idrogeno, l'acqua diventa fuel: energia verde utilizzabile al posto dei carburanti derivati da combustibili fossili».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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