L’Adamello racconta antiche biodiversità e nuovi inquinamenti
Nel 2015 sul ghiacciaio dell’Adamello ha preso il via un progetto di ricerca scientifica chiamato POLLiCE, dall’unione dei termini inglesi pollen (polline) e ice (ghiaccio). Il progetto è stato ideato per analizzare le componenti di origine vegetale (foglie, rami, cortecce e pollini) trasportate in alta quota dalle masse d’aria e poi archiviate all’interno del ghiaccio.
La prima «carota» è stata estratta nel 2015 nell’area in cui la superficie glaciale presenta il massimo spessore. I risultati delle analisi condotte su questo campione sono stati pubblicati di recente sui Scientific Reports della rivista scientifica Nature, e consegnano una serie di dati interessanti che potranno essere ulteriormente approfonditi. A firmare l’articolo è un gruppo multidisciplinare di ricercatori afferenti al Museo delle Scienze di Trento, Università di Uppsala in Svezia, Università di Milano Bicocca e Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige.
In quest’ultimo centro di ricerca e innovazione opera Antonella Cristofori, palinologa, ricercatrice nell’ambito della biodiversità vegetale e delle interazioni con l’ambiente, la salute umana e cambiamenti climatici. «Lo scopo principale della ricerca», spiega la dottoressa Cristofori, «è quello di recuperare informazioni biologiche, chimiche e ambientali archiviate nei ghiacci, che consentono di ricostruire la storia di alcuni secoli. L’innovazione è stata quella di concentrarsi sulla componente biologica con metodiche di metabarcoding (metodica molecolare sviluppata per identificare entità biologicheper l’analisi del Dna vegetale, ndr.)».
L’arco alpino offre numerosi apparati glaciali: quali fattori hanno indotto a scegliere quello dell’Adamello per la ricerca? «L’Adamello accoglie la più vasta superficie glaciale d’Italia. Inoltre vanta uno spessore massimo che nessun altro ghiacciaio del nostro paese possiede, e questi elementi rendono particolarmente interessante il potenziale delle informazioni archiviate».
La conservazione e l’analisi della carota di ghiaccio estratta ha richiesto il supporto di strutture specializzate… «Sì, ci siamo avvalsi dell’Eurocold Lab di Milano. Il campione ottenuto è stato tagliato in sezioni, che sono state analizzate per definire le proprietà fisiche e il rapporto isotopico stabile di ossigeno e idrogeno, col quale si possono stimare le temperature atmosferiche del periodo. L’analisi del Dna delle componenti vegetali reperite, e l’utilizzo della microscopia tradizionale, hanno offerto informazioni sulla biodiversità vegetale del passato».
Con le perforazioni effettuate fino ad oggi avete raggiunto nel 2016 la profondità di 45 metri. È possibile prevedere un viaggio ancora più in profondità all’interno del ghiacciaio? E quali ulteriori dati si potrebbero ottenere? «Il raggiungimento di profondità più elevate comporta costi rilevanti. Ci stiamo tuttavia organizzando: la disponibilità di strati di ghiaccio più profondi consentirebbe di andare ulteriormente indietro nel tempo. Le analisi di laboratorio condotte su altri campioni potrebbero dare informazioni sugli inquinanti. L’Adamello non è distante dall’industrializzata pianura padana».
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