La paura non deve fermare la transizione digitale e ambientale
Nascondersi non serve. Le bombe sull’Ucraina fanno paura, sia da un punto di vista umano e sociale, anche alla luce della riesumazione dello spettro di una guerra nucleare, sia sotto quello strettamente economico.
I rincari delle materie prime e la difficoltà di approvvigionamento delle stesse sono diventati degli ingombranti compagni di viaggio: lo stesso dicasi per il caro energia.
Le fonderie rivedono i turni, l’agroalimentare si confronta con la carenza se non l’assenza di alcuni prodotti base, componenti come i chip sono diventati più preziosi di qualsiasi altra cosa. E l’incertezza, dileguatasi per breve tempo dopo l’incubo Covid, riguadagna terreno: la paura rischia così di dilagare, bloccando quello slancio all’innovazione digitale e ambientale che l’Italia aveva cominciato a sentire come inevitabile.
Anche a livello istituzionale i timori non mancano e si irradiano tutt’attorno, vedasi l’ordine del giorno, votato a larghissima maggioranza, che invita il Governo a spendere più nella Difesa, avvicinandosi a quella fatidica soglia del 2% del Pil per spese militari. Ma la paura non deve vincere, nemmeno di fronte alla scelleratezza dell’attacco russo in Ucraina. L’ambiente infatti non aspetta l’uomo anzi, continua a deteriorasi più l’umanità lo ignora. E non gli interessa l’esplosione di un missile, non i negoziati di pace.L’ambiente peggiora o migliora a seconda di ciò che le persone, le aziende, le istituzioni decidono di fare. La guerra lascia ovviamente poco spazio per la ragione ma, nel garantire pieno appoggio a chi lotta per la propria casa, non bisogna perdere di vista gli altri obiettivi. Digitalizzare aziende e Pa, svoltare verso l’economia circolare, la tutela ambientale, la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico: sono tutti obiettivi da non abbandonare perchè nei prossimi cinque anni, arco di durata del Pnrr, si decide il futuro dell’Italia.
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