Impresa 4.0 e riforma: un gran fuoco con i fiammiferi
Qualche settimana fa, il World Economic Forum ha diffuso la tradizionale classifica annuale sui livelli di competitività di 140 Nazioni. Per l’Italia una buona notizia: miglioriamo passando dal 43° posto al 31°. Non male come performance anche se - trattandosi l’Italia la decima, più o meno, potenza economica e industriale mondiale - non si può certo dire che il 31° posto sia da eccellenza. Però miglioriamo. Qualche riflessione aggiuntiva emerge se, dentro la posizione a livello mondiale, si guarda a come ci mettiamo in Europa: siamo diciasettesimi. In fondo o quasi.
Quest’anno, lo studio del Wef considerava in particolare quel che sta accadendo con l’innovazione digitale. Tanto che l’indice globale è stato ribattezzato «Global competitiveness index 4.0» per dire di come l’innovazione sia legata mani e piedi al digitale. Si è quindi misurata la capacità di innovare, di avere aziende rivoluzionare (quelle che rompono gli schemi), la qualità della forza lavoro, i diritti di chi lavora. Va da sè che il miglioramento italiano su scala mondiale è stato trainato anche dal piano Calenda che adesso, come diciamo in altra pagina, è stato significativamente ridotto dal nuovo governo.
Scelta legittima, ovviamente. Ma lo stesso Wef riconosce ai distretti italiani, dove si è investito di più in chiave tecnologica, una crescita del 3% a fronte di una media nazionale dello 0,2% con significativo aumento dell’occupazione. Spostare risorse per sostenere lavori poco qualificati, come si è scritto, può avere un successo nel breve periodo, può anche aumentare il tasso di occupazione nell’immediato, ma è un po’ come fare un fuoco con i soli fiammiferi. Che si farà quando i fiammiferi saranno finiti?
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