Il piano Azimut proietta Arvedi nella siderurgia ecosostenibile
La circolarità, rifiuto zero e ed abbattimento delle emissioni sono alcuni dei cardini delle principali misure di finanziamento e agevolazione, nazionali e comunitarie, a disposizione delle aziende italiane. Lungi dall’essere meri vincoli, questi principi ispirati alla sostenibilità ambientale sono il volano del presente e del futuro per tutti i comparti, da quelli più maturi a quelli maggiormente innovativi. Se in questa equazione si aggiunge una variabile, la collaborazione tra mondo pubblico e privato, i risultati non tardano ad arrivare.
Esemplare in questo senso è il caso del gruppo siderurgico Arvedi che ha recentemente messo in campo un piano di riconversione industriale e sviluppo economico-produttivo degli stabilimenti di Trieste e Cremona da 227 milioni di euro, improntato in modo specifico alla sostenibilità. Tale intervento è stato in grado di mettere insieme lungimiranza imprenditoriale e sostegno pubblico.
Insieme ad Invitalia il Ministero dello Sviluppo economico ha infatti concesso agevolazioni per 50 milioni di euro attraverso un Contratto di sviluppo, cofinanziato anche dalle Regioni Lombardia e Friuli Venezia Giulia, rispettivamente con 500mila e 200mila euro. «Collaborazione tra pubblico e privato e la sostenibilità come valore economico sono i due aspetti che maggiormente saltano all’occhio - evidenzia Camillo Zola, consulente senior di Europartner, società di consulenza bresciana che ha affiancato Arvedi nel percorso di accesso agli strumenti agevolativi previsti dalle norme -. Tali aspetti saranno sempre più centrali nei prossimi anni, alla luce sia dei cambiamenti portati dalla situazione pandemica sia dall’orientamento dell’Unione Europea, che nel prossimo settennato avrà come faro il Green Deal».
Entrando nello specifico del progetto di Arvedi denominato Azimut (Arvedi Zero IMpact Ultra Thin strips), si scopre come su 227 milioni di euro 86 serviranno per la realizzazione a Trieste di nuove linee di zincatura e verniciatura. Altri 53 milioni saranno invece dirottati su Cremona con lo scopo di sostituire la ghisa con il rottame ferroso, per ottenere fino al 100% della carica dei forni elettrici. «Non si ottiene questo risultato schiacciando un bottone» evidenzia però Zola, ed è per questo che l’investimento comprende anche un progetto di ricerca e sviluppo, del valore di 32 milioni, che si pone l’obiettivo di ottenere una produzione di acciaio di elevata qualità senza l’utilizzo di materiali vergini (la ghisa appunto), in un’ottica di economia circolare (si userà il rottame) e di zero waste.
A Trieste invece, grazie all’azienda Green Energy for Steel, oltre 56 milioni di euro verranno utilizzati per creare una nuova centrale di cogenerazione, con un ciclo combinato a minor impatto ambientale e con maggiore efficienza energetica rispetto alla centrale esistente. «Stiamo in questa sede parlando di un grande progetto fatto da una grande realtà industriale e con notevoli ricadute sull’indotto - sottolinea Zola -. Le possibilità di accesso ai finanziamenti previsti dallo strumento del Contratto di sviluppo di Invitalia sono però a disposizione anche delle pmi, siano esse da sole o tramite reti d’impresa».
Rispetto al passato inoltre, a fronte di una normativa che pur rimane complessa, «l’attore pubblico è più orientato all’operatività e all’efficacia - conclude il consulente senior di Europartner Camillo Zola -, con i procedimenti che al momento sono più alleggeriti dagli orpelli burocratici».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato