«Il nostro obiettivo è diventare un ecosistema della formazione»
Il nodo è sempre quello da districare: le aziende hanno bisogno di personale tecnico competente. Lo step successivo del problema riguarda però le capacità che questi soggetti devono avere. Rispetto al passato si è infatti alzato il target richiesto, principalmente per l’avvento della tecnologia all’interno delle fabbriche, strumenti che una persona non può apprendere tutti nel corso di cinque anni di scuola. Le soluzioni però sul banco ci sono e hanno nomi ben definiti: università, istituti tecnici superiori e lauree professionalizzanti. Proprio su quest’ultimo aspetto insiste Vincenzo Falco, dirigente scolastico dell’istituto Luigi Cerebotani di Lonato del Garda.
Lo abbiamo incontrato in occasione della quarta tappa del tour Da Vinci 4.0, l’iniziativa del nostro quotidiano che - in collaborazione con Talent Garden e TheFabLab - sta visitando le maggiori scuole tecniche della nostra provincia. Un ciclo di giornate formative a stretto contatto con ragazzi e professori, che accompagnati dal fisico Massimo Temporelli vanno alla scoperta delle nuove tecnologie digitali che stanno cambiando il mondo del lavoro. Compreso quello che gli studenti si accingeranno a conquistarsi nel giro di pochissimo tempo, sia che decidano di bussare alla porta delle aziende subito dopo il diploma, sia che scelgano di continuare a studiare.
Professor Falco, può spiegare cosa sono le lauree professionalizzanti?
«Si tratta di corsi di laurea pensati per formare figure altamente specializzate, incontrando quanto richiesto oggi dal mercato del lavoro. Questi percorsi prevedono due anni di formazione accademica classica e uno di esperienza sul campo attraverso tirocini curricolari. Essi hanno un duplice pregio: da un lato possono porre un freno alla dispersione scolastica, molto alta soprattutto nel Bresciano, e dall’altro vanno incontro alle necessità del mondo produttivo».
Come si sta muovendo in questo senso l’istituto Cerebotani?
«La nostra attenzione sul tema è molto alta è l’obiettivo è poter avviare già dal 2021 un corso di questa natura all’interno della nostra scuola. Questa scelta permetterebbe di fornire un vero e proprio ecosistema dell’istruzione, talmente completo da essere in grado di applicare veramente il "lifelong learning", cioè l’apprendimento permanente».
L’istituto di cui lei è preside ospita già un’istituzione di eccellenza, l’unica sul territorio bresciano, cioè l’Its a indirizzo meccatronico. Ce ne parli.
«Grazie al supporto delle aziende e dell’Associazione industriale bresciana, oltre che dell’università, abbiamo dato vita ad un ente di formazione quantomai necessario. Si tratta di un percorso educativo post-diploma di due anni, anch’esso fortemente caratterizzato da un accento professionalizzante, orientato in modo specifico verso tutte le discipline in ambito meccatronico».
Nonostante questi passi avanti, però, la nostra provincia sconta ancora un problema - come da lei sottolineato - cioè quello della bassa scolarizzazione. Cosa c’è dietro?
«Il motivo principale per il quale nel Bresciano tale criticità è così accentuata è che tantissimi studenti che escono dagli istituti tecnici vengono immediatamente impiegati in azienda. In futuro però ci vorranno sempre più teste e sempre meno braccia ed è per questo che la continuazione del percorso di studi è fondamentale. Il primo obiettivo di una scuola è creare belle persone, nonché fornir loro tutti gli strumenti per raggiungere i migliori risultati possibili. Università, Its e lauree professionalizzanti sono fattori di successo in questo senso, sia per i singoli sia per l’intera società».
E come valuta invece l’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro?
«È evidente che porti ottimi risultati e che sia funzionale a giovani e imprese. Bisogna perseguire l’obiettivo e non credo che l’ultima legge di Bilancio abbia depotenziato lo strumento, anzi. Il monte ore obbligatorio è stato diminuito per tutti gli indirizzi (professionali, tecnici e licei), ma alle scuole è stata lasciata un’ampia autonomia, tanto che ogni singola realtà può decidere se aumentare o meno il quantum».
Torniamo però a parlare della scuola da lei diretta. I numeri dicono che siete in forte crescita.
«Assolutamente sì. In quattro anni abbiamo praticamente raddoppiato gli alunni, passando da 680 a circa 1.200 ragazzi. Siamo anche stati riconosciuti dal Ministero dell’istruzione come "Scuola innovativa". Questi risultati non solo premiano il grande lavoro svolto dal corpo docente, ma ci dicono che l’indirizzo tecnico piace. Noi infatti non abbiamo mai avuto problemi in termini di carenza, né di studenti né di professori».
Ma in serbo per il futuro c’è anche un’altra grande novità. Di cosa si tratta?
«All’inizio del prossimo anno scolastico inaugureremo ufficialmente il Laboratorio territoriale. Si tratta di una struttura, finanziata con un milione di euro dal Miur che ci ha selezionati insieme a sole altre cinquanta scuole sul territorio nazionale, pensata per studiare i nuovi orizzonti tecnologici e produttivi direttamente con macchinari all’avanguardia. Impresa 4.0 è una realtà già pervasiva e gli istituti non possono che adeguarsi e anticipare ciò che il mondo esterno sta sperimentando. Anche nel caso di questo laboratorio, il nostro sforzo si è concretizzato grazie alle sinergie con il tessuto che ci circonda, istituzionale ed economico».
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