Il melone con fascio di luce e un drone fra i meli trentini
L'agricoltura del Ventunesimo secolo non ha timori nel guardare dritto in faccia l'universo 4.0. Che si tratti di latitudini più vicine a noi (Brescia non è nuova all'impiego di hitech sul campo: si pensi al ricorso ai droni) oppure Oltreoceano, sperimenta e innova, pur con differenze tra una nicchia e l'altra di quel che in gergo specialistico si chiama Agrifood. Ovvero, se in alcuni filoni, come i macchinari high tech e la sensoristica si sono fatti passi importanti, si è ancora un po' timidi nell'esplorare la frontiera delle piattaforme per convogliare i dati raccolti, sul campo, dagli strumenti 4.0 (da noi già sperimentati in ambito vitivinicolo, ad esempio).
Il melone mantovano. Per amore di campanilismo, partiamo da un esempio di agricoltura digitale vicino a noi, l'Azienda ortofrutticola Nadalini di Sermide, nel Mantovano, tra le prime produttrici di melone liscio in Italia. Che usa la tecnologia Nir, quindi un fascio di luce ultravioletto, per capire le caratteristiche di ciascun frutto, dal peso al grado zuccherino. La luce Nir è in grado di analizzare quattro meloni al secondo che scorrono sul nastro trasportatore, creando un'enorme mole di dati utilissimi per l'organizzazione del business.
Se ci si sposta Oltreoceano, ci si imbatte in Agropad, un prototipo realizzato dai ricercatori Ibm in Brasile: un dispositivo cartaceo grande come un biglietto da visita che consente l'analisi chimica di campioni di suolo e acqua in tempo reale e sul posto, utilizzando l'intelligenza artificiale. E' sufficiente posare un campione di acqua o una piccola porzione di terreno su Agropad e il chip ne esegue l'analisi, approntando i risultati in meno di dieci secondi.
Stoccare le informazioni. L'agricoltore, a quel punto, può scattare una foto dell'Agropad con il proprio smartphone, e tramite un'applicazione ad hoc, ricevere i risultati del test. Un'innovazione che rientra nel più ampio tema dell'utilizzo e dello "stoccaggio" delle informazioni raccolte grazie alle tecnologie 4.0. Stoccaggio tecnologico degli agridata che, come ci ha detto Andrea Bacchetti che dirige con il collega Filippo Renga del Politecnico di Milano, l'Osservatorio Smart Agrifood del Laboratorio Rise del Dipartimento di Ingegneria meccanica e industriale della nostra Statale (nato in partnership con la School of Management dell'ateneo milanese), resta uno dei territori che l'agricoltura italiana, pur 4.0, non usa a sufficienza.
Qualche ritrosia resta. Insomma, c'è ancora qualche ritrosia da superare - seppure ci siano nel Belpaese punte di innovazione di grande peso - per un 4.0 agricolo che sia di filiera. E quindi tracciabile in senso high tech in tutte le sue tappe. Eppure, l'industria italiana, anche attraverso start up, ha sviluppato software e piattaforme digitali per la raccolta e l'analisi degli agridata, asset straordinari per pianificare ed elaborare previsioni e stime. Dati evoluti frutto di una tranche dell'agricoltura 4.0, quella di precisione - parliamo di trattori high tech, in grado già oggi di controllare il lavoro che stanno facendo e comunicarlo all'operatore e di tutta la sensoristica per monitorare evoluzione e stato di salute di campi e colture - che ha già compiuto passi più decisi nelle aziende agricole italiane. E anche qui la ricerca italiana si mostra vivace e attiva, spaziando dalla modellistica di precisione a software per il controllo antiparassitario nella vite.
La web valley delle mele. E ancora, in Trentino, la WebValley, la scuola estiva internazionale dei Data Science della Fondazione Bruno Kessler ha visto gli studenti impegnati, tra i fronti esplorati negli ultimi anni, in un progetto che applica Big Data e intelligenza artificiale tra i filari delle piantagioni di mele. Per approdare a una mappa dei frutti e delle loro caratteristiche, grazie a un drone e a un sistema in grado di analizzare le immagini e valutare qualità e grado di maturazione. E inevitabilmente, l'agricoltura 4.0 porta con sé, così come è già avvenuto in altri settori, il bisogno di nuovi professionisti digitali, come l'agroelettronico e l'agroinformatico. Perché per esplorare nuovi territori, bisogna inevitabilmente attrezzarsi. I naviganti dell'agricoltura 4.0 lo sanno bene. Gli agricoltori son perfette avanguardie dell'high tech, perché si misurano con il pragmatismo della vita nei campi. Che chiede concretezza ed efficienza, visto che la pioggia e il sole - se pensiamo all'utilità delle stazioni meteo - fanno decisamente la differenza per la salute delle colture. E su questo fronte, certamente il 4.0 può essere un preziosissimo alleato.
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