Il 64% dei lavoratori preferirebbe un robot all'attuale manager
In un vecchio film di Lars Von Trier, «Il grande capo», il proprietario di un'azienda assolda un attore per concludere la cessione della società e non assumersi la responsabilità di scelte impopolari con i dipendenti. In futuro potrebbe essere un robot a prendere decisioni importanti e a orientare il destino di un'azienda.
Due terzi dei lavoratori, infatti, si fida più dell'intelligenza artificiale che dei loro attuali capi soprattutto in merito all'imparzialità, alla capacità di risolvere problemi e di mantenere precisi programmi di lavoro. Uno scenario che fa riflettere e che emerge da una ricerca - AI@Work Study 2019 - condotta in 10 Paesi e su oltre ottomila lavoratori da Oracle e Future Workplace.
L'invasione dell'intelligenza artificiale nel mondo del lavoro potrebbe quindi incidere non solo sui dipendenti che hanno mansioni ripetitive e sostituibili, ma anche su figure chiave come i manager. Secondo lo studio, il 64% dei lavoratori intervistati preferirebbe un robot al loro attuale manager e il 50% già si rivolge a soluzioni tecnologiche per un consiglio piuttosto che a colleghi in carne ed ossa. La tendenza è più marcata in Asia, rispetto ad altre parti del mondo.
Ad esempio, in India, l'89% dei lavoratori e l'88% in Cina, hanno espresso una mancanza di fiducia nei loro colleghi umani se paragonati ai robot. In Francia, Regno Unito e Stati Uniti le percentuali scendono, rispettivamente, al 56%, 54% e 57%. Secondo il sondaggio, gli intervistati hanno valutato alcune abilità dei robot come fornire informazioni imparziali (26%), risolvere problemi (29%), mantenere precisi programmi di lavoro (34%) e gestire un budget (26%).
Tuttavia, hanno riconosciuto la superiorità dei «gestori umani» quando si tratta di fattori emotivi come la comprensione dei sentimenti (45%), la capacità di «coaching» e di creare una cultura del lavoro (29%). Dallo studio emerge inoltre che il 50% dei lavoratori intervistati utilizza già attualmente una forma di intelligenza artificiale sul lavoro, rispetto al 32% della rilevazione dello scorso anno. Anche in questo caso, India e Cina (con il 78% e 77%) guidano l'innovazione, grazie alla popolazione più giovane e al rapido tasso di adozione tecnologica. In Francia e Giappone, ad esempio, la percentuale si abbassa al 32% e al 29%.
Dalla ricerca, emerge inoltre che i lavoratori uomini hanno un approccio più positivo all'intelligenza artificiale (32%) rispetto alle loro colleghe (23%).
Secondo una proiezione del World Economic Forum di maggio scorso, entro sette anni i robot svolgeranno più della metà dei lavori attualmente esistenti. A fronte dell'automazione di tante mansioni, però, l'intelligenza artificiale creerà 133 milioni di nuove posizioni lavorative a patto però - avverte l'organizzazione - che gli Stati investano nella formazione dei lavoratori.
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