Gli unicorni bresciani e la nostra Piazza Affari
Un animale forte ed elegante, con testa e corpo di cavallo, zampe di antilope, coda di leone e barba di capra con suo bel corno nel mezzo della testa. Un’immaginazione del Medioevo da noi riscoperta, qualche anno fa, dall’industria dei giochi e dei cartoni in tv.
La fantasia e il sogno dell’animale impossibile, venne presa qualche anno fa da Fortune, la rivista americana per e sui miliardari, che, per indicare le aziende nate di recente e che in poco tempo avevano portato la propria capitalizzazione in Borsa oltre il miliardo di dollari, le chiamò «unicorni», qualcosa di raro, quasi di unico.
In realtà, da allora (ma era solo il 2015) di unicorni a Wall Street se ne contano un centinaio. Luca Salgarelli anticipa un progetto: andare in Borsa (in 5 anni) forte del lavoro di ricerca fatto nel recente passato. Vedremo se Inxpect sarà un unicorno. C’è da augurarselo. Così come non sarebbe male se un po’ di aziende bresciane si decidessero a quotarsi.
Non che sia come prendersi un caffè, ma una serie di agevolazioni, di incentivi, di dinamismo ritrovato dicono che sarebbe questo un bel momento per provarci. Non diventeranno unicorni, pazienza. Ma avranno risorse per consolidarsi e crescere nel mondo.
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