Export, le opportunità che il digitale può dare
Può apparire una piccola cosa. Ma solo in apparenza, per l’appunto. Oltre 600 aziende per tre mezze giornate di formazione promosse dalla Digital&Export Business School di Unicredit con la collaborazione di Confapi. Quartier generale a Brescia (all’Api di via Lippi) e da qui collegamento con 37 sedi in tutt’Italia, da Ragusa venendo in su.
Formazione-formazione-formazione. Ce lo ripetiamo spesso. Ecco: questa era una buona occasione per capire alcune cose che possono generare affari. Il tema delle tre mezze giornate era, su per giù: le nuove tecnologie digitali come possono dare una mano a conoscere ed aprire i mercati esteri (per chi si affaccia la prima volta) o ad incrementare (per chi c’è già) i volumi d’affari? In tre giorni (pur se dimezzati) di cose se ne son dette.
Relatori della banca, docenti, uomini e donne d’impresa hanno presentato, raccontato, illustrato quel che già è disponibile sul mercato, diciamo così, per favorire la penetrazione sui mercati del nostro made in Italy. Intendiamoci: l’export è fra le poche cose che ancora tirano e mette insieme una montagna di miliardi (quasi 500). C’è qualche frenata dopo il picco del 2017, ma - in sostanza - fra i dati macroeconomici nazionali l’export resta quello che, come dire, ancora ci salva. Ovviamente qualche timore c’è visto che è un po’ il mondo che rallenta e che ci sono incognite (i dazi americani) che pesano sull’orizzonte.
Ma il made in Italy (e la cosa potrà sorprendere) è considerato fra i brand più forti al mondo (c’è chi lo mette al settimo posto e chi addirittura al terzo, dopo Coca Cola e Visa) giudicando un marchio tout court e non già l’attestazione di una provenienza. Due esempi. Ma, soprattutto, le giornate di formazione son servite a dire, nel concreto, quel che già oggi le piccole e medie aziende possono avere per andare sui mercati esteri.
L’analisi dei dati doganali. Le dogane sono miniere di dati. Quindi dove e meglio si può avere la fotografia di quel che va e viene da un Paese. E Stefano Calabrese (di StudioKom) ha presentato quel che la sua azienda può fare su una trentina di Paesi. Esempio: volete esportare occhiali in Brasile. Bene. StudioKom vi sa dire chi importa occhiali in Brasile e da chi; quanti ne importa, da dove li fa partire, quanto li paga. Voi capite che, se fate occhiali, è un buon punto di partenza. Ovviamente: vale per gli occhiali, i tubi senza saldatura, le scarpe, e via elencando.
Altro esempio: nuove tecnologie a supporto dell’export. Ne ha parlato Fabio Foglia di MarketMind Research (docente in Bocconi e a Talent Garden). Si è partiti da intelligenza artificiale e machine learning e si è arrivati a proporre quattro piattaforme già attive e a costi contenuti: Amazon Translate, Amazon Transcribe, Amazon Textract e Ibm Watson. Dettagliare sarebbe lungo. Ma vale un consiglio: provate a vedere i quattro siti, provate a capire quel che fa MarketMind, provate ad andare sul sito Unicredit che elenca le opportunità possibili. Insomma: provateci.
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