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È guerriglia permanente, viviamo in mondo di cyberconflitti

Gli Stati trasferiscono nel cyberspazio le loro rivalità. Il 2018 anno record per le infiltrazioni
Una situazione allarmante.  Secondo il rapporto Clusit nel 2018 gli attacchi informatici sono   aumentati del 37%
Una situazione allarmante. Secondo il rapporto Clusit nel 2018 gli attacchi informatici sono aumentati del 37%
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Le operazioni belliche si spostano nel cyberspazio e - a dispetto della dimensione virtuale - hanno impatti pesanti nel mondo reale. Nell'ultimo anno gli Stati hanno progressivamente trasferito i conflitti nel cyber, con un innalzamento continuo del livello di scontro in una superficie di attacco di fatto illimitata, che pone rischi seri.

A descrivere il fenomeno, allarmante, è il rapporto annuale del Clusit, l'Associazione Italiana per la sicurezza informatica, secondo cui «la nostra società è entrata in una fase di cyber guerriglia permanente, che rischia di minacciare la nostra stessa società digitale».

Il rapporto definisce il 2018 come «l'anno peggiore di sempre» per l'evoluzione delle cyber-minacce, dal punto di vista sia quantitativo che qualitativo. Sul primo fronte, nel 2018 si sono contati 1.552 attacchi gravi, con impatto significativo, a livello globale, il 37,7% in più del 2017. Gli attacchi sono raddoppiati nella sanità, che insieme alle infrastrutture è l'ambito in cui i rischi cyber sono cresciuti di più. Nel settore pubblico sono aumentati del 41%, nelle banche del 33%.

A livello qualitativo, si evidenzia in primo luogo la possibilità, per gli Stati, di far «scivolare» senza troppo clamore la gestione dei propri conflitti sempre più verso il piano cyber, innalzando continuamente il livello dello scontro senza dover fare ricorso a eserciti e armamenti. Siamo entrati in una «fase storica di cyber-guerriglia permanente, sempre più feroce, ovviamente non dichiarata e anzi sistematicamente negata», sottolineano gli esperti.

Un secondo elemento di allerta è legato alle attività di spionaggio e sabotaggio, che sono in netta crescita e assumono ormai le forme più svariate. Si va dalla «guerra della percezione», che si basa sulla creazione di fake news e sulla loro amplificazione attraverso i social media, all'infiltrazione in infrastrutture critiche, aziende e istituzioni, fino al furto sistematico di ogni genere d'informazione per finalità geopolitiche, di predominio economico e tecnologico.

Il campo di battaglia vede crescere la presenza di mercenari che realizzano campagne su commissione degli Stati. Preoccupa poi l'intelligenza artificiale, con l'apprendimento automatico che da un lato è usato per sferrare attacchi, e dall'altro è esso stesso oggetto di attacco. A determinare la fragilità della società digitale ci sono infine le lacune legislative e alcuni fenomeni socio-politici che hanno di fatto determinato una mancanza di trasparenza e di responsabilità sociale delle multinazionali hi-tech.

«Saranno le prossime scelte in ambito di sicurezza cibernetica a determinare le probabilità di sopravvivenza della nostra attuale società digitale», afferma Andrea Zapparoli Manzoni, tra gli autori del rapporto. «Abbiamo costruito la nostra civiltà digitale senza tener conto dei costi correlati alla sua tutela e difesa, e oggi investiamo per la cyber-security un decimo di quanto dovremmo».

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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