Dopo la crisi: ripartire dall'elettrolisi, come Milano e Rovereto
No, il mondo non può finire. Ripetiamocelo. Si ripartirà, in tante parti si è già ripartiti. Come si ripartirà, in che direzione, con che propositi ed obiettivi andrebbe deciso adesso. Ma credo di registrare una sorta di anestesia diffusa, di poca ansia di futuro, di progetti assenti. E invece un po' di mondo riparte.
Leggevo nei giorni scorsi che Accenture, uno dei grandi gruppi della consulenza strategica a livello mondiale, a Milano ha aperto l'Innovation X center, un centro per l'innovazione dedicato all'engineering, l'ingegneria impiantistica. È un settore che vede l'Italia ai primi posti nel mondo (grandi cantieri edili, gradi infrastrutture stradali, ponti, metanodotti ecc) e non a caso Accenture ha aperto qui il suo primo centro mondiale dedicato, specializzato su questo settore. Ecco la parola-chiave: specializzato, basta fritti misti, adesso serve il piatto unico.
A Rovereto, continua a crescere e svilupparsi in quella che era una fabbrica di tabacchi magnificamente recuperata, un centro di sviluppo per piccole (oramai ex piccole) aziende e startup che si occupano di sviluppo green. Lo ha promosso la Provincia di Trento (assieme ad altri quattro-cinque centri ognuno specialisti in un settore) che ci ha investito complessivamente un 150 milioni di euro. Pareva una eccentricità (diciamo una decina d'anni fa) pensare ad un hub per l'industria green. E invece e in breve: sono nate aziende ed oggi Rovereto, oltre che la vecchia manifattura tabacchi, ha 20 mila metri di nuovi edifici (costruiti con la testa, e non aggiungo altro) così che la cittadina trentina è uno dei riferimenti industriali per questo settore. Perché cito i casi di Milano-Accenture e di Rovereto? Perchè dicono che le cose si muovono, che si possono muovere. A condizione ovviamente che ci sia un'idea, un progetto, qualcuno che prende in mano la bandiera di un progetto. Non è facile, ma se non c'è la volontà di entrare nelle cose si rischia di galleggiare.
In queste settimane, A2A ha annunciato un cambio di strategia non piccolo e lo ha fatto con una campagna pubblicitaria interessante. L'innovazione sta un po' nelle corde di A2A (certamente molto più nella storia della parte bresciana che in quella milanese), e adesso c'è questa novità rappresentata, fra le altre cose, da un impegno a sviluppare la tecnologia dell'idrogeno con il progetto della sperimentazione del treno per la Valle Camonica alimentato, per l’appunto, a idrogeno.
Ora io dico, sapendo che la cosa non è per nulla semplice: è possibile che questa idea dell'idrogeno possa diventare un po' nostra, un po' più bresciana. Continuiamo ad essere la maggiore provincia d'Italia consumatrice di energia: è così irragionevole che qui nasca qualcosa di analogo a quello che Accenture ha fatto a Milano per l'engineering? Capisco bene che il rischio è di avere una visione piccola: figuriamoci, l'idrogeno, ci si stanno mettendo in milioni a studiare la cosa e servon miliardi e poi c'è Milano che attrae cervelli e poi ci sono i tedeschi e i cinesi e gli americani e... avanti ad immaginare le cento ragioni per cui una cosa non si può fare. ...e se Brescia si muovesse. E invece se il Comune, le imprese, l'università, A2A eccetera cominciassero a ragionare sul tema, si cominciasse a tessere rapporti, se ci si misurasse sulla fattibilità della cosa, se si avesse - soprattutto - la voglia di portare a casa qualcosa di utile, ecco - forse - la cosa non apparirebbe poi così eccentrica ed impossibile.
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