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Denaro più caro e meno disponibile, «è preoccupante»

«E quindi, e ancora una volta, costa tutto di più», è la sintesi di Paolo Gesa, manager di Banca Valsabbina
Paolo Gesa, responsabile della Business Unit di Valsabbina
Paolo Gesa, responsabile della Business Unit di Valsabbina
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Quando si parla di spread pare di parlare di cose lontane. In realtà, il differenziale fra i titoli di Stato tedeschi e i nostri Btp altro non è che un termometro che misura la nostra affidabilità. I titoli tedeschi sono, come suol dirsi, un benchmark, un riferimento, e più cresce la differenza (lo spread, appunto) con i tedeschi vuol dire che i nostri sono meno affidabili. E quindi costa tutto di più.

Paga di più lo Stato italiano per far sottoscrivere i suoi (i nostri) titoli, costa di più il denaro perché le banche italiane quando si approvvigionano di soldi sui mercati internazionali devono pagare il maggior rischio. È un po’ l’effetto di quella che chiamiamo incertezza politica che nello specifico trova l’immagine più evidente nello scontro con l’Europa. «E quindi, e ancora una volta, costa tutto di più», è la sintesi di Paolo Gesa, manager di Banca Valsabbina, in particolare responsabile dell’area per le aziende.

«Le imprese devono pagare di più se vengono in banca a chiedere un finanziamento per fare un investimento. Stessa cosa per le famiglie se vogliono un mutuo per comprare casa. Va aggiunto che, per ora, i tassi sono ancora abbastanza bassi ma da ottobre ad oggi l’interesse sui mutui è comunque aumentato mediamente del 15%». «Aggiungerei anche un’altra considerazione - dice sempre Paolo Gesa. Ovvero: in una situazione con alto spread, le banche hanno qualche problema in più a erogare credito. La ragione è a suo modo semplice: le banche sono i maggiori detentori di titoli di Stato. Se lo spread sale, cala il valore dei titoli che detengono in portafoglio e quindi cala il loro patrimonio. Ma poiché le banche possono erogare credito in rapporto al patrimonio ecco che avranno meno soldi da prestare a imprese e famiglie».

Sembra stia delineando una situazione che ci riporta agli anni duri del 2009-2012... «Ad oggi fortunatamente non siamo in quella situazione e, ripeto, bisognerà vedere come si muoverà lo spread. Ma cero questa è una situazione preoccupante, per le banche e le aziende. Inutile girarci attorno: gli imprenditori sono preoccupati e quindi - inevitabilmente - stanno rallentando gli investimenti. E gli investimenti con l’export sono la voce che fa crescere il Pil. Nel 2017, in particolare, grazie all’effetto degli incentivi 4.0 si è avuto un bel balzo. Ma oggi siamo in pesante riflessione perché, oltre al quadro macroeconomico (lo spread) c’è anche incertezza sul quadro complessivo degli incentivi 4.0».

E l’incertezza è la situazione peggiore per il mercato... «Infatti: nell’incertezza resto fermo, dicono le imprese. Ma se si sta fermi il Pil non sale...». Per tornare a latitudini a noi più vicine, la banca cosa conta di fare in questa situazione? «Diciamo che il 2018 che ormai di fatto è chiuso, noi abbiamo fatto nuove erogazioni per 600 milioni a imprese e famiglie. Abbiamo l’obiettivo di arrivare a 2 miliardi di nuovo erogato in tre anni. Abbiamo anche la fortuna di operare in due regioni (Lombardia e Veneto) che sono un po’ le locomotive italiane, fra le più dinamiche a livello europeo. In queste regioni facciamo impieghi ma anche la raccolta. Andiamo raramente sull’interbancario, quindi non paghiamo "pedaggio" per lo spread più alto e quindi possiamo permetterci di fare impieghi a costi più contenuti. Detto tutto questo - conclude il responsabile della Business Unit di Banca Valsabbina - confermiamo il nostro fondo da 20 milioni a sostegno delle aziende che investono in innovazione. La speranza di tutti è che l’attuale sia solo una parentesi, speriamo la più breve possibile, e che nei prossimi mesi si possa assistere ad una ripresa degli investimenti».

 

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