Competence Center, un treno da non perdere
Il tema potrebbe apparire lontano, quasi evanescente, quelle cose di cui si dice e scrive ma che sembran appunto lontane, difficili da agguantare per una piccola città come la nostra.
Il tema è quello dei competence center, poli di eccellenza ad alta specializzazione che il piano Industria 4.0 individuava e finanzia. In Italia sono otto. Fra questi il Politecnico di Milano cui si è aggregata l’Università di Brescia.
Sono cose piuttosto concrete: posti, progetti, laboratori, professori e università sostenuti da finanziamenti pubblici nazionali ed europei ma, anche, privati. E qui nasce il possibile problema sul quale lanciano un alert Rodolfo Faglia (delegato del Rettore ai rapporti con industria & innovazione) e Ivan Losio (di Sei Consulting, oggi partner di EY). Il problema è legato ai meccanismi di finanziamento dei competence center. Ovvero: il ministero mette sul tavolo tanti soldi quanti ne mettono le aziende private. E quindi bisogna darsi da fare se non si vuole diventare inevitabilmente Milano-centrici. Perchè è vero che Brescia si è aggregata alla capitale lombarda ma inevitabilmente, al momento di decidere dove indirizzare i finanziamenti, si peserà quanto la nostra città ha contribuito.
Brescia - ricorda Faglia - con visione e coraggio è stata la prima in Italia ad avviare un digital innovation hub (l’Innexhub) e sarebbe quindi imperdonabile essere tagliati fuori laddove si fa innovazione pesante, i competence center, per l’appunto. Per Ivan Losio, i destini dei nostri distretti e filiere (automotive, valvolame, macchinari) sono legati, per quanto riguarda prodotto e mercato, all’innovazione. Rafforzare quindi il legame locale con i competence center «è una chiave per sostenere la competitività del nostro territorio con ritorni su formazione, innovazione e ricerca». L’alert è lanciato. Il contributo sin qui raccolto non è granchè per poter essere protagonisti, ma - confida Faglia - possiamo recuperare...».
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