Birra e neutralità tecnologica

L’Europa ha tolto il «non expedit» sulle Tecniche di evoluzione assistita. Sui novel food invece aleggiano ancora timori e ostilità
Birra e luppolo
Birra e luppolo
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Vi ricordate i ragazzi di Fridays For Future che per le vie di Brescia mostravano cartelli «pro-birra»? Un modo di porre l’attenzione sull’effetto che il cambiamento climatico ha sulle colture e che, oltre l’aspetto goliardico, deve davvero far scattare molti campanelli d’allarme. Partiamo proprio dalla birra.

Uno studio del 2024 pubblicato su Nature Communications spiega come la produzione di luppolo aromatico sia destinata a scendere fino al 18% entro il 2050. Oltre a ciò è stata stimata una diminuzione del 31% degli alfa acidi, composti organici che forniscono l’aroma amarognolo alla bevanda. Si tratta di un piccolo esempio, seppure la birra sia l’alcolico più consumato del mondo e con un giro di affari che arriverà a oltre 750 miliardi di dollari nel 2027, e che apre uno squarcio sull’agricoltura che verrà.

Tra le soluzioni che si stanno studiando per adattarsi e mitigare gli effetti del climate change ci sono le Tea. Sugli studi e l’applicazione concreta delle Tecniche di evoluzione assistita, che modificano il genoma delle piante per migliorarne qualità e resistenza (anche a siccità e malattie) senza però far ricorso a geni di provenienza esterna, è recentemente stato tolto il «non expedit» europeo.

Una notizia accolta con favore anche dalle principali sigle datoriali italiane del mondo agricolo. In quest’ottica però stupisce, sebbene se ne colgano le motivazioni economiche e sociali, come altre forme un po’ meno ortodosse di alimentazione siano viste con timore, persino con ostilità. I novel food, dalla farina di insetti alle proteine coltivate, sono infatti anch’essi parte di quel grande movimento etico-filosofico-produttivo che della lotta climatica è figlio.

Lasciando da parte il greenwashing, molto forte quando ci si addentra in questi settori, il rischio che si corre è opporre l’ideologia all’ideologia, senza riuscire a cogliere i vantaggi che nuovi paradigmi possono portare ad aziende e persone. Quindi lunga vita alla neutralità tecnologica.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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