Quando nel 1981 l'esploratore Jacques Piccard studiò i fondali del Garda
«Gli ampi fondali del Garda sono ancora ben ossigenati. Un’analisi ha dato il 91% di saturazione, un’altra il 70%, ma gli strati superficiali mostrano senza dubbio che occorre moltissima prudenza. Sono visibili sintomi di eutrofizzazione. Bisogna adottare una disciplina assai rigorosa che va applicata ai turisti, agli abitanti delle rive e del bacino versante, ai naviganti provati e pubblici, a tutti coloro che vivono e lavorano attorno al lago. E, non essendovi nulla di meglio per il momento è necessario terminare rapidamente l’installazione dell’impianto di depurazione delle acque (l'impianto di Peschiera fu terminato nel 1985, ndr); questa installazione, iniziata alcuni anni fa, concederà almeno un certo respiro».
Così scriveva alla Comunità del Garda nel 1985 Jacques Piccard uno dei più noti esploratori del ventesimo secolo, passato alla storia per essersi calato con il suo batiscafo «Trieste» (progettato e realizzato insieme al padre il fisico Auguste Piccard) nell’abisso della Fossa delle Marianne toccando, nel gennaio 1960, la profondità di -10.916 metri. Il poliedrico ricercatore - fu anche economista, oceanografo, pilota, progettista di sottomarini - ha con il lago di Garda uno speciale rapporto dal momento che nel 1981, incaricato dall’Asco (l’Associazione dei commercianti della provincia di Verona) che già all’epoca era intenzionata a salvaguardare la bellezza del lago, fu incaricato di sondarne le acque per conoscerne lo stato di salute.Le immersioni nel lago di Garda
Da Losanna Jacques Piccard arrivò sul Benaco equipaggiato di un piccolo sommergibile per le medie profondità, il Forel, inventato e costruito dal padre. A bordo del mesoscafo arrivò a 342 metri di profondità, stabilendo per la prima volta con esattezza la profondità massima del lago. Le cronache del tempo dettagliarono ogni immersione: la prima fu a Peschiera, alle 11.25 del 12 settembre 1981. Durò una ventina di minuti: l’acqua è torbida, il fondo limaccioso. Il 13 fu a Lazise: sul fondale vengono fotografati i resti di una galea veneziana. Poi venne il turno di Bardolino, San Vigilio e Torri. Il 17 ci fu Castelletto, con la grande fossa tettonica.
Ebbene, quattro anni dopo il minuzioso studio, durato tre settimane per più di 43 ore di immersione, decine di litri d’acqua raccolti, una serie di carote di sedimenti prelevate, lo scienziato prese carta e penna e scrisse all’Ente che si occupa del bacino di acqua dolce. «Il Garda è di una straordinaria bellezza - esordisce Piccard - non meno ricco di attrazioni di quanto lo sia la Costa Azzurra o la Costa Brava, ma resterà un gioiello solo se l’inquinamento (...) non lo renderà adatto alla balneazione, trasformandolo in una vasta zona nauseabonda. Allora i turisti andranno a cercare altrove i luoghi da prediligere, la zona diventerà quasi deserta, l’attuale fiorente commercio cadrà quasi nel nulla, il livello di vita di milioni di persone sarà minacciato».
Parole attuali anche 38 anni dopo
Una minaccia che anche 38 anni dopo risuona quanto mai attuale. Ed ecco allora che l’invito di Piccard si fa più che mai vivo. «Il Benaco resterà un gioiello d’Italia solo se lo sviluppo industriale e turistico non lo distruggerà, solo se verranno osservate permanentemente le precauzioni indispensabili. La prima è essere informati costantemente sul suo stato di salute. E, inoltre di studiarlo su tutta la superficie, in tutte le sue profondità, instancabilmente e con tutti i mezzi che la scienza e la tecnica moderna possano offrire».
@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato