Incendi nei boschi, si studia il recupero delle aree bruciate del Parco Alto Garda
«Aspettiamo di vedere cosa è andato distrutto e cosa si è salvato». Il presidente della Comunità Montana Parco Alto Garda Bresciano Davide Pace, sa bene, visto che il suo territorio è uno tra i più colpiti nel Bresciano dalla piaga degli incendi boschivi, che servono tempo e pazienza per valutare il danno inferto dalle fiamme.
È così anche per il pauroso incendio che a fine marzo scorso era divampato per più di una settimana nel cuore del Parco Alto Garda, mandando in fumo più di 300 ettari di bosco pregiato nei territori comunali di Valvestino e Magasa, lungo le pendici del monte Tombea. Siamo nel santuario naturalistico dell’area protetta altogardesana, dove sbocciano fiori endemici unici al mondo, come la saxifraga tombeanensis, essenza simbolo del Parco. Fortunatamente le fiamme hanno risparmiato le aree in cui si riscontra la maggior concentrazione di saxifragata, ma ci vorranno molti mesi per rimarginare la ferita.
«Di solito, in questi casi – spiega Pace – si attendono un paio d’anni prima di valutare se e come intervenire. Prima bisogna capire che specie vegetali sono state colpite e se la natura è in grado di rimarginare la ferita, come spesso accade in questo tipo di boschi». Alcune specie di alberi si rigenerano in maniera sorprendentemente rapida dopo un incendio. Pochi anni dopo un incendio, il numero di specie vegetali presenti sulla superficie bruciata ripopolata può essere addirittura superiore a quello di un bosco intatto. Certo, l’uomo può dare una mano. «Come accaduto cinque anni fa – continua Pace – sempre sul Tombea, dove sono stati investiti 120mila euro per la rimozione delle piante bruciate e per interventi di ripiantumazione».
Quel che è certo è che un bosco distrutto da un incendio costituisce innanzitutto un problema di sicurezza. Le fiamme divampano in genere su ripidi pendii, il che provoca spesso cadute di massi già durante l’incendio. Inoltre, quando bruciano il fogliame e lo strato superiore di humus, le pietre destabilizzate cominciano a rotolare. Come accadde a fine giugno 2021 in occasione dell’incendio divampato sul monte Dos di Sas, sempre in Valvestino, dove bruciarono diversi ettari di bosco su ripidi pendii affacciati sulla Strada Provinciale 9. «In quel caso – ricorda Pace – si era intervenuti tramite il Consorzio Forestale di Valvestino, spendendo circa 60mila euro per opere di messa in sicurezza progettate per proteggere la strada dalla caduta massi».
Impossibile, vista la presenza della Provinciale, attendere i tempi del rimboschimento naturale: fu necessario, come accaduto in tante altre situazioni in alto Garda, adottare misure di protezione strutturali.
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