In Valvestino si punta al rilancio per il fagiolo dei montanari
Prospettive di rilancio per il «fagiolo della Valvestino». Le mette in atto il Consorzio forestale Terra tra i due Laghi con un progetto di recupero e valorizzazione di questa varietà locale di Phaseolus coccineus. Pare che il fagiolo della Valvestino sia originario dell’America centrale e che sia arrivato nella valle altogardesana nel XVII secolo. Da allora è coltivato negli orti di questo angolo isolato di territorio, dove per secoli ha garantito alla dieta povera dei montanari il necessario apporto proteico. Proprio a ragione dell’isolamento della valle non è mai stato ibridato con altre varietà, dando vita ad una tipologia unica e peculiare (si caratterizza per i semi grandi, rosei con macchie brune, talvolta bianchi o neri), che cresce solo qui ed è simbolo di una biodiversità da tutelare.
Della sua salvaguardia si è parlato in un recente convegno promosso in Valvestino dal Consorzio Forestale Terra tra i due Laghi, in occasione del quale sono state tracciate le linee guida degli interventi di tutela di questa risorsa oggi confinata in pochi orti a uso familiare.
«Le ultime stagioni - dice il direttore del Consorzio, Marilena Massarini - hanno visto un sensibile aumento degli orti dove la coltivazione del fagiolo è stata ripresa, assieme a un progetto di selezione partecipata in cui gli agricoltori locali sono stati coinvolti nella selezione delle sementi migliori». Il progetto mira a fornire «le conoscenze di base sul fagiolo della Valvestino, sulle tecniche per migliorare la coltivazione e sulle corrette modalità per mantenere in purezza la varietà locale evitando l’ibridazione».
Si ragiona inoltre sul recupero di terrazzamenti incolti, per ritornare a coltivare il fagiolo valvestinese con positive ricadute sul paesaggio della valle e sulla sua attrattività turistica. In programma anche incontri divulgativi e visite presso gli orti in cui si coltiva questa specie caratteristica.
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