«In piazza con noi» dentro la Fiera, una casa di 7mila metri
La prima fiera dell’anno contiene il segno di un coraggio particolare. Sessant’anni fa, gli organizzatori, neve alle gambe, stabilirono di ricominciare, di portarsi verso il futuro prima del boom economico, con una campagna collinare bella e soffocata dai bisogni e un lago da avvistare in un turismo popolare iscritto nel sogno. Sessant’anni fa erano 200 anni fa, un altro mondo. La Fiera di Lonato fu investita nella responsabilità di un ritorno al futuro, di una festa dove si potessero riunire, categorie, municipalità, volenterosi a dare un’idea di appuntamento, di serenità recuperata dopo la guerra, nonostante i cento problemi di un’Italia appena ripulita dalle macerie.
Domenica, «In piazza con noi» (in diretta su Teletutto dalle 11 alle 12.30) si siederà in mezzo alla fiera regionale ispirata alla devozione per Sant’Antonio, in quella piazza Martiri da cui si è benedetti da una cupola imponente e alle spalle non smette di osservarti quel magnifico romanzo storico di Andrea Celesti, dipinto imponente, potente sacralità e solidarietà civile sul dolore e la carità, nella grande sala del municipio.
La fiera di Lonato espone i lembi della storicità nel corpo eccellente di un òs de stòmech di oltre 400 chilogrammi, degno dei macellai più che artigiani di questa terra fedele alla tradizione della campagna, dei gusti eccellenti in grado di competere nei salotti nazionali della buona cucina. Tasta un pezzetto di òs de stòmech, rinnegherei la tua dieta. Il sindaco Roberto Tardani spiega di un’intima amicizia tra la comunità di Lonato e la fiera e spiega l’unità di una tradizione in cui ciascuno trova lo spazio economico, culturale, folcloristico, tra laicità e spiritualità. Il sindaco indica nei 250 espositori, nei 7 mila metri quadri di fiera anche la grandezza cresciuta di un evento capace di portare decine di migliaia di persone a Lonato.
Noi di «In piazza con noi», - il nostro direttore Nunzia Vallini già presente nell’edizione scorsa e Clara Camplani - sottolineano l’elevata bravura di una Banda musicale e siccome si dice «brava» ad ogni banda, in questo caso va aggiunto molto più, almeno il doppio, «brava al quadrato». Gli animali giungono a Lonato con i loro amici padroni, si portano alla chiesetta e ricevono una benedizione speciale. Sono centinaia, provengono dai paesi vicini, dalle città e si consegnano a S. Antonio, il quale preferisce la collina e qualche piana tra un promontorio e l’altro invece di un azzardato passo al lido. I trattori là in fondo verso le strade puntate alla città, restituiscono un senso di specializzazione alla sessantesima fiera di Lonato.
Ci siamo imbattuti, negli anni passati, in grossi bovi alti e quieti come una classe di prima elementare, di domenica, quando la gioia di una settimana di innocenza e di gioia si siede sulla schiena di questi mastodonti carducciani, «t’amo pio bove e mite un sentimento...». Però bisogna incamminarci in fretta verso la Fiera di Lonato, come verso un luogo post presepiale. Presto, perché ci sarà la solita folla del gomito a gomito e arrivare prima vuol dire godersela di più. Trovare un punto di vista, una visuale comoda. Come al cinema, appena c’è nel cartellone, metti adesso, la vittoria di Churchill o, per restare a casa nostra, il film con Verdone e la nuova ciociara millennial, Ilenia Pastorelli. Magari venisse anche lei alla Fiera di Lonato.
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