Garda

Faida familiare e colpi di pistola, chiuso il doppio «cold case»

Il commissariato e la Procura della Repubblica ricostruiscono una vicenda del 2006. Chiesti 9 rinvii a giudizio.
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Un clan di napoletani dediti ai furti e alle truffe in tutto il Nord Italia, con base operativa tra Desenzano e la provincia di Verona. Il matrimonio tra la figlia del boss e uno della banda messo in crisi da un’amante cubana e lo sgarro da punire con il sangue.

Sono questi gli elementi della faida familiare che nel giugno del 2006 aveva insanguinato la cittadina gardesana e per cui ora la giustizia presenta il conto: 9 richieste di rinvio a giudizio a carico di altrettanti componenti della famiglia: a tutti è contestato il tentato omicidio, ad alcuni anche il porto abusivo di arma da sparo e di coltello proibito grazie alle indagini del commissariato di pubblica sicurezza di Desenzano, diretto da Bruno Pagani, e coordinate dal sostituto Lara Ghirardi.

Quando la serenità della famiglia si era incrinata, per via del tradimento del marito della figlia del boss, quest’ultimo aveva dato mandato ad alcuni dei suoi uomini di punirlo e per due volte in poche ore il 44enne era stato vittima di pestaggi e vere e proprie spedizioni punitive. Spaventato aveva chiesto ad un amico di guardargli le spalle, e questi, per difenderlo, aveva ferito con una colpo di pistola uno degli uomini del boss.

Il ferito si era fatto accompagnare al pronto soccorso di Verona per non essere collegato al territorio gardesano ma quella stessa notte era partita la condanna a morte per il genero traditore, raggiunto infatti da venti coltellate. In fin di vita si era trascinato in pronto soccorso dove era stato salvato. Entrambi i feriti avevano raccontato di essere stati vittime di rapine e le indagini, del commissariato di Desenzano e dei carabinieri di Verona, non avevano portato a nulla così come non si era trovata connessione con l’indagine della Procura di Mantova che stava indagando sui furti nelle aree di sosta.

Riascoltando ore di intercettazione e incrociando migliaia di dati gli investigatori hanno chiuso il cerchio e la giustizia ha presentato il suo conto. 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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