Esposto in Procura per salvare i gelsi del Pilandro
Il gelseto del Pilandro finisce alla Procura della Repubblica. A portarcelo, attraverso un esposto, è il Comitato Parco colline moreniche, che chiede a gran voce la sospensione degli abbattimenti delle piante (gelsi e querce) e l’introduzione di regole più stringenti per la sua tutela. Nell’esposto il presidente Emilio Crosato spiega: «Nel 2016 in due occasioni, a febbraio e dicembre, nell’area del Pilandro, in territorio di Peschiera, ma a confine con Desenzano e Sirmione, sono stati tagliati 120 alberi di particolare pregio, inseriti in un contesto di straordinaria biodiversità: zone umide e corsi d’acqua, alberi ad alto fusto monumentali, in particolare querce e olmi, filari di gelsi quasi secolari. Il nostro Comitato ha subito segnalato questi interventi al Comune di Peschiera e alla Forestale, alla luce del fatto che quell’area nel Piano di assetto territoriale intercomunale di Peschiera e Castelnuovo è identificata come "ambito di forte valenza paesaggistica e identitaria dei luoghi di cui si promuove la tutela e la valorizzazione", per la quale valgono "misure di assoluta tutela e ripristino, quali: assoluto divieto di estirpazione di elementi arboreo-arbustivi, anche isolati"».
Non solo. Crosato rileva anche che la zona del Pilandro «fa parte dell’area del Lugana, la cui Doc è in forte espansione. Ci troviamo ora di fronte alla sopravvivenza rara e straordinaria di oltre 140 alberi di gelso dalle dimensioni molto rilevanti, storici, che risalgono al periodo della bachicoltura, e alla presenza di alberi ad alto fusto come querce e olmi, relitti unici della Silva Lucana richiamata già sulla carta del Cinquecento chiamata "Mappa dell’Almagià"».
Da qui, dunque, la richiesta di intervento per «salvarli»: «Si chiede di voler adottare con la massima urgenza provvedimenti sospensivi per ogni ulteriore attività invasiva nella zona - si legge nell’esposto - e, con altrettanta urgenza, provvedimenti normativi che la pongano sotto tutela».
Il proprietario del campo, da noi interpellato nelle scorse settimane, ha dichiarato: «Sono trent’anni che faccio questo mestiere e non ho mai rovinato l’ambiente da nessuna parte. Il terreno non è soggetto a nessun vincolo, e io voglio metterlo in produzione».
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