Dopo i decessi tra i sub, ecco i divieti e le polemiche
Aperti alle soluzioni tecniche, ma contro ogni divieto preventivo imposto dalla politica. Questa, in buona sostanza, la posizione del Comitato delle attività subacquee del Garda, che interviene in merito al dibattito innescato attorno al lago dalle recentissime tragedie. Lo scorso 28 gennaio era morto a Gargnano il 62enne di Villa Carcina Mauro Sartorelli, colto da un malore mentre si trovava a 50 metri di profondità.
Il 19 febbraio un’altra vittima durante un’immersione: il 40enne veronese Diego Faltracco, deceduto per problemi durante la risalita nelle acque di Torri del Benaco. La successiva, e per certi versi clamorosa, decisione del sindaco del centro veronese Stefano Nicotra, che con apposita ordinanza ha vietato le immersioni nel proprio territorio, ha acceso il dibattito.
«Comprendiamo le preoccupazioni del sindaco Nicotra – dice il Comitato delle attività subacquee del Garda -, così come crediamo sia giusto arrivare a soluzioni condivise, partendo dal confronto tecnico prima che politico».
Il Comitato, in cui sono rappresentate associazioni bresciane e veronesi, ha pure chiesto un incontro con Nicotra, per creare un tavolo di concertazione volto a superare il divieto, evitando ricorsi e lo scontro muro contro muro. La discussione sulla sicurezza di chi pratica immersioni subacquee è al vaglio anche di un gruppo di lavoro costituito dalla Comunità del Garda, che si sta occupando della revisione della legge interregionale sulla navigazione e l’uso delle acque, ormai vecchia di 30 anni. Tre le indicazioni presentate nell’assemblea tematica organizzata lo scorso ottobre a Toscolano, il comandante della Guardia Costiera, Antonello Ragadale, aveva proposto di «prevedere, per le immersioni con bombole, l’obbligo di operare con una barca d’appoggio e con personale a supporto».
Una soluzione che non piace ai sub, visto che sul lago la maggior parte di loro arriva sul posto autonomamente. Il dibattito è aperto. Su una cosa tutti sembrano d’accordo: i divieti non funzionano. Sarebbe come vietare di andare in auto, dicono in molti facendo un esempio alla portata di tutti, perché ci sono troppi incidenti. Certo, per condurre un’auto, uno deve avere la patente e saper guidare. Così deve essere anche per chi si immerge, con verifiche delle abilitazioni e delle capacità. Un altro dato certo, però, è il numero di decessi durante le immersioni, ogni anno sempre molto alto.
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