Calcinato, l'integrazione negli anni della crisi
Piazza Aldo Moro, ore 9 del primo mercoledì di novembre. Il traffico è scarso, qualche sparuto cittadino si infila nel municipio, alcuni immigrati parlano fra loro. Sono il gruppo più numeroso. A Calcinato vivono oltre duemila e cinquecento stranieri, il 20 per cento della popolazione. È una delle percentuali più alte del Bresciano, che si impenna nelle scuole: gli alunni sono il 30% del totale, con picchi del 55% in alcune classi.
Una presenza rimarcata dalla maggior parte dei calcinatesi incontrati ieri nel nostro giro per la serie i «paesi visti dall’edicola», visitando le rivendite di Giuseppina Di Giorgi e della figlia Roberta in via XX Settembre, di Marco e Anna Vedovello in via Vittorio Emanuele, di Edmondo Gaffuri in via Carlo Alberto, di Maura Gussago a Ponte S. Marco e Graziano Zanovello a Calcinatello. Niente razzismi o intolleranze, piuttosto la sottolineatura di un faticoso equilibrio sociale. Che, comunque, regge. «Quello degli extracomunitari è un grosso problema» dice Fabrizio Faccioli.
«L’integrazione non è facile. Che futuro ci aspetta?» Edmondo Gaffuri insiste sull’argomento, riportando idealmente i discorsi dei suoi clienti: «Ci sono tanti immigrati. Adesso che la crisi colpisce duro e c’è bisogno di aiuti, non ci sono più risorse per la nostra gente. Oppure capita che siano favoriti dalla legge nell’assegnazione delle case...».
Un altro cittadino, che si rifugia dietro l’anonimato, attacca: «Sono troppi. Vogliono comandare a casa nostra». Diversi, fra un argomento e l’altro, toccano il tema. È una questione annosa da queste parti, all’ordine del giorno da un decennio almeno. Calcinato offriva posti di lavoro nell’agricoltura e nell’industria, oltre che alloggi. «Quando altri paesi cominciavano ad avvertire il fenomeno, noi vivevamo già la fase della ricongiunzione familiare» afferma il sindaco Marika Legati. Dice «fenomeno» e non «problema» per marcare un atteggiamento sereno verso la faccenda. Senza nascondere le criticità.
«La crisi economica e l’aumento dell’indigenza anche fra la nostra gente - sostiene il sindaco - hanno aggravato la situazione. Calcinato, grazie alla sensibilità delle Amministrazioni comunali, ha sempre avuto come punto di forza il sistema sociale, ben strutturato». Adesso, però, al bisogno ordinario si è aggiunto quello straordinario: «Famiglie normali, gente che ha perso il lavoro».
Sono aumentate le necessità; in particolare è esploso il problema degli sfratti. «L’Amministrazione, nonostante i tagli, per il 2011 aveva aumentato del 20% la spesa sociale in bilancio: non è bastato, abbiamo dovuto aggiungere 200mila euro, portando la cifra a 1,8 milioni».
E ancora non basta. I fondi per il minimo vitale e i contributi straordinari sono finiti. «Si continua con i servizi, ma niente di più». A Calcinato non si avvertono conflitti sociali. C’è attenzione, comunque, per evitare che si creino, magari innescati dalla crisi economica che colpisce ovunque. «Investiamo molto nell’intercultura nelle scuole» dice Marika Legati. «Con quelle percentuali di alunni stranieri è necessario». Ma il tema dell’immigrazione non è un chiodo fisso nei cittadini. «Io mi sono trasferito qui da Brescia e vivo bene» afferma Pietro Riva; «Calcinato è un paese tranquillo, non mi pare ci siano grandi problemi» aggiunge Camilla Goffi.
Enrico Mirani
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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