Garda

Alto Garda e incendi boschivi: «Si è tornati indietro di 30 anni»

Sono 180 gli ettari di bosco andati in fumo tra fine ottobre e inizio novembre: enorme il danno ambientale
In azione. Un elicottero impegnato nell’operazione di spegnimento
In azione. Un elicottero impegnato nell’operazione di spegnimento
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Sono meno di quelli stimati a una prima analisi gli ettari di bosco andati in fumo nell’incendio che ha devastato i monti di Tremosine dal 28 ottobre al 4 novembre scorsi. Le fiamme hanno distrutto 180 ettari, non 300 come dicevano le prime stime.

Lo hanno stabilito le misurazioni Gps effettuate dai Carabinieri Forestali di Limone. Il dato è emerso in occasione di un incontro tra il responsabile del servizio antincendio nel Parco Alto Garda, l’arch. Giovanni Ciato, e i tre Dos (direttori operazioni di spegnimento) che si sono alternati durante le giornate di lotta alle fiamme, Marco Mozzi, Dario Entrade e Armando Pasetti. Presenti anche i capi squadra dei gruppi Aib che hanno partecipato alle operazioni.

«Un incontro costruttivo - dice Ciato - utile per migliorare un’operatività comunque riconosciuta come eccellente». Ma c’è anche qualche criticità da risolvere. Una riguarda le comunicazioni radio con i piloti dei Canadair giunti da altri paesi, nel caso specifico dalla Croazia. «In prospettiva - dice Ciato - le collaborazioni a livello europeo sono destinate ad aumentare. È necessario saper comunicare in inglese con i piloti stranieri».

Intanto si ragiona anche sul fronte del ripristino ambientale. L’incendio ha colpito il Sito di interesse comunitario (Sic) «Corno della Marogna», una sorta di caveau naturalistico che l’Unione Europea ha individuato come area destinata alla conservazione della diversità biologica. Ersaf ha segnalato l’evento all’assicurazione (tutti i beni di Regione Lombardia, boschi compresi, sono assicurati), ma qui non c’è danno produttivo o economico, ma solo ambientale, difficilmente quantificabile. Paolo Nastasio, dirigente Ersaf, si augura di ottenere una somma «per interventi sulla vegetazione e il ripristino dei sentieri di accesso all’area colpita». Ma i danni ambientali (sono andati distrutti, ad esempio, i siti di nidificazione del picchio) potrà sanarli solo il tempo. «È stata colpita - dice Nastasio - l’evoluzione che incrementa la complessità dell’ecosistema. Si è tornati indietro di 30 anni. Per il Parco è una grave perdita».

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