Alpino in Grecia come nel film «Mediterraneo»

Probabilmente Piero Seminario - 93 anni portati benone, in corpo e in spirito - non ha mai visto «Mediterraneo», il film premio Oscar di Gabriele Salvatores. Lui, però, ha fatto di più. Quand’era giovane, e soldato, quel film, quella storia incredibile che il film racconta, l’ha in qualche modo vissuta davvero.
«Dopo 14 mesi sul fronte greco-albanese - ricorda l’anziano nella sua casa di Muscoline - nell’aprile del 1942 hanno imbarcato da Nauplia me e altri 12 alpini e ci hanno fatto scendere su un’isoletta. "Dovete rimanere qui a presidiare il faro" ci hanno ordinato». L’isoletta era l’isola Spetses, nome che deriva da spezie, perché così secoli prima l’avevano battezzata, storditi dagli effluvi delle sue erbe aromatiche, i navigatori veneziani. Oggi Spetses è una frequentata meta turistica, ma nel 1942 la abitavano solo pastori e contadini poverissimi.
«Morivano di fame - spiega Piero -, non che noi stessimo molto meglio! Le donne del villaggio venivano da noi e ci mostravano un sacco. "Gnau", dicevano. Nel sacco c’era un gatto. Scambiavamo il gatto con qualche pagnotta e lo arrostivamo».
Come nel film di Salvatores i 13 alpini restano a lungo, pressoché dimenticati, sull’isoletta greca. Come nel film, si fanno presto ben volere, per la loro umanità, dalla gente di lì. Come nel film, non manca, tra di essi, un dongiovanni impenitente, un caporale che si innamora di tutte le ragazze, e tutte le fa innamorare. Come nel film, a comandare quel manipolo, c’è un tenente colto, malinconico e comprensivo.
«Si chiamava Latino Latini - racconta Seminario -. Ottima persona. Chiudeva sempre un occhio sulle nostre bravate. E sì che ne combinavamo parecchie. Quando scarseggiava l’olio per cuocere la carne che ci eravamo procurati di nascosto, falsificavamo gli ordini di approvvigionamento e ritiravamo quel che ci serviva al frantoio dell’isola. Un mattino, il tenente viene da noi e ci chiede: "Chi ha ordinato tutto quell’olio?". Nessuno risponde. Lui fa finta di infuriarsi: "Sapete che ci sarà un quintale d’olio da pagare?". E aggiunge: Stavolta pago, ma che non si ripeta più».
Come in «Mediterraneo», ancora, i soldati abbandonati sull’isola si ritrovano a far la guerra contro il nulla. «Quando ero di turno di vedetta - confessa Piero -, facevo passare un pezzo di corda attraverso la finestra, ne legavo un capo alla mitragliatrice e l’altro alla mia gamba, e mi mettevo in branda a dormire. Una volta, un rumore di passi mi sveglia di colpo, salto giù dalla branda, corro fuori. Era Latini. "Perché non sei al tuo posto?" mi domanda. "Ero al gabinetto" farfuglio io. Lui mi guarda i piedi. "E al gabinetto ci vai con le scarpe slacciate?" mi chiede lui. Io non so più che dire. Il tenente sospira: "Ti rendi conto che se ci prendono la mitragliatrice rischiamo la fucilazione, tu e anch’io? Stai più attento, d’ora in avanti". E se ne va».
Sei mesi passano così. «Sei mesi di vacanza» commenta Piero Seminario. Poi, la vacanza finisce. La Patria si ricorda dei suoi 13 alpini sperduti in un’isola remota e li riporta a casa. Ma per poco. Presto, per molti di loro il profumo delle spezie sarà soffiato via dal vento gelido delle steppe del Don.
Enrico Giustacchini
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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