Un terzo dei portoghesi non andrà a votare: il podcast «La Tribuna»
In vista delle elezioni europee prosegue l’appuntamento quotidiano con «La Tribuna», la rubrica di approfondimento con uno sguardo a ciò che accade fuori dall’Italia nella corsa all’Europarlamento. Grazie a una sperimentazione della redazione del Giornale di Brescia con l’intelligenza artificiale, la rubrica è disponibile ogni giorno anche in formato audio: tutte le puntate del podcast sono disponibili su Spreaker, Spotify e le principali piattaforme di ascolto.
Un terzo dei portoghesi ha dichiarato che non andrà a votare per le elezioni europee. Se questo dato fosse confermato domenica 9 giugno sarebbe un’ottima notizia perché nel 2019 l’affluenza alle urne fu bassissima, bloccata al 30% il dato più basso da quando, nel 1987 il Portogallo elegge i suoi rappresentanti al Parlamento europeo (nelle prime elezioni si toccò il 70% ma due anni dopo l’entusiasmo era già scemato e si scese al 50%).
Le ragioni di questa disaffezione sarebbero legate non tanto alla prevalenza di forze euroscettiche perché in realtà le forze principali sono europeiste (a cominciare dal partito socialista e dal partito socialdemocratico che è affiliato al Ppe), ma alla scarsa informazione sull’operato dell’Unione. Questo almeno secondo il 56% dei portoghesi che lamenta anche di essere poco informata sui programmi elettorali proprio dei gruppi politici che siedono all’Europarlamento.
Le cose peggiorano se il tema è la conoscenza del funzionamento delle istituzioni europee e su come vengono eletti gli europarlamentari: un portoghese su quattro non ne sa assolutamente niente. Per quanto riguarda invece gli aspetti positivi il 68% degli intervistati elogia in particolare la performance europee durante la pandemia del Covid-19. Oltre a questo viene riconosciuto l’operato dell’Unione su temi come i social network, sull’abolizione delle tariffe di roaming per l’uso dei cellulari nei Paesi dell’Ue e sull’applicazione di limiti più bassi alle emissioni di CO2.
Venendo alla situazione politica nel Paese, dal 2 aprile c’è un governo di minoranza guidato da Luis Montenegro che ha vinto le elezioni con il 28,8% archiviando l’esperienza del socialista Antonio Costa che aveva guidato il Paese dal 2015 e che è incappato in uno scandalo che ha coinvolto alcuni ministri del suo governo e che l’ha visto protagonista di un incredibile caso di omonimia, per cui c’era un Costa indagato, ma non era lui.
Le elezioni dello scorso 10 marzo oltre a segnare la sconfitta del partito socialista ha sancito l’ascesa del partito di destra Chega! Che è salito fino al 18% dei consensi. Il movimento è affiliato a livello europeo a Identità e Democrazia con Salvini, Le Pen, Wilders e i tedeschi di Alternative fuer Deutschland.
Alle prossime elezioni (in cui i portoghesi sono chiamati ad eleggere 21 deputati) si prevede un nuovo testa a testa tra il partito socialdemocratico e il partito socialista, entrambi appaiati al 28 per cento con il movimento guidato da Montenegro in leggero vantaggio e quindi accreditato di 8 eletti a Strasburgo, mentre i socialisti ne potrebbero ottenere sette. Per quanto riguarda Chega, gli ultimi sondaggi lo confermano al 18 per cento che equivarrebbe a 4 europarlamentari. I restanti due eurodeputati spetterebbero al Blocco di sinistra e ai liberali entrambi sotto il 5% (ma in Portogallo non c’è alcuna soglia di sbarramento). Ciò che è certo è che cambierà il commissario europeo portoghese, che oggi è Elisa Ferreira, socialista che si occupa di Politiche regionali.
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