La Finlandia non vuole i migranti dalla Russia: il podcast «La Tribuna»

Il progetto di legge proposto dalla coalizione di governo di destra riconosce che rimandare i migranti indietro senza esaminare le loro domande di asilo violerebbe gli impegni internazionali sui diritti umani, ma afferma che il suo utilizzo sarà temporaneo e limitato
Il primo ministro della Finlandia Petteri Orpo - Foto Parlamento europeo
Il primo ministro della Finlandia Petteri Orpo - Foto Parlamento europeo
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In vista delle elezioni europee ecco il nuovo appuntamento quotidiano con «La Tribuna», la rubrica di approfondimento con uno sguardo a ciò che accade fuori dall’Italia nella corsa all’Europarlamento. Grazie a una sperimentazione della redazione del Giornale di Brescia con l’intelligenza artificiale, la rubrica è disponibile ogni giorno anche in formato audio: tutte le puntate del podcast sono disponibili su Spreaker, Spotify e le principali piattaforme di ascolto.

La Finlandia si prepara a discutere una legge che permetterà alle guardie di frontiera di respingere ai propri confini i richiedenti asilo provenienti dalla Russia. Il progetto di legge proposto dalla coalizione di governo di destra riconosce che rimandare i migranti in Russia senza esaminare le loro domande di asilo violerebbe gli impegni internazionali della Finlandia sui diritti umani, ma afferma che il suo utilizzo sarà temporaneo e limitato.

In effetti Helsinki ha deciso la chiusura dei punti di frontiera per fermare l’arrivo di migranti in arrivo da Paesi come Siria e Somalia; secondo i finlandesi il flusso migratorio viene utilizzato da Mosca come arma proprio contro la Finlandia e più in generale contro l’Unione europea.

Il lungo confine tra Russia e Finlandia è lungo oltre 1.300 chilometri e a partire dal secondo dopoguerra è stato un motivo di forte perturbazione per la politica di Helsinki. Durante la guerra fredda si è a lungo parlato di finlandizzazione, ovvero quel processo politico per cui alcune scelte per il governo del Paese nordico dovevano necessariamente passare al vaglio di Mosca, per decenni l’impressione è stata quello di uno Stato a sovranità limitata o vincolata. Quel tempo ora sembra molto remoto, soprattutto dopo che la Finlandia un anno fa è entrata nella Nato a poco più di dodici mesi dallo scoppio della guerra in Ucraina e dopo aver abbandonato lo status di neutralità.

In questo clima il Paese si avvicina alle elezioni europee: in testa ai sondaggi il partito di centrodestra e affiliato al Ppe, il Kokoomus, la Coalizione di centro guidata dall’attuale premier Petteri Orpo che è accreditata del 22% e di quattro eletti su quindici totali; a seguire i socialdemocratici appena sotto il 20% e tre eletti. Al 14% il partito nazionalpopulista del Perussuomalaiset, i Finlandesi di base, che in Europa oggi è nel gruppo dei Conservatori e riformisti ma che fino a due anni fa al Parlamento europeo sedeva negli scranni di Identità e democrazia, abbandonati per la presenza di partiti smaccatamente legati a Mosca e con posizioni filorusse. A pochi decimali i liberali del Suomen Keskusta fermi attorno al 13%. Verdi e Sinistra si attestano entrambi al 10% che si tradurrà in due eurodeputati a testa. Un affollamento di partiti che è tipico per la politica finlandese dove la volatilità delle forze politiche è molto bassa.

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