La destra europea è ai massimi storici: l’onda sovranista punta a Bruxelles

A tre mesi dalle elezioni Europee 2024 i gruppi guidati da Fratelli d’Italia e Lega godono di sondaggi favorevoli
Il presidente del partito di destra Chega, Andrè Ventura - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Il presidente del partito di destra Chega, Andrè Ventura - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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La destra sovranista ed euroscettica avanza nei sondaggi a circa tre mesi dalle elezioni europee. È ancora presto per ipotizzare una nuova maggioranza parlamentare a Strasburgo – e forse sarebbe pure un controsenso se si pensa che chi governa l’Ue lavora per potenziarla e non per destrutturarla – ma certo i contatti tra il Partito popolare europeo e i Conservatori e riformisti guidati da Meloni ci sono stati in varie occasioni.

L’ultimo successo elettorale per la destra europea è arrivato due domeniche fa dalle urne portoghesi da cui è spuntata la formazione Chega con il 18% e 48 deputati, un vero e proprio successo per un partito nato nel 2019. Il caso del Portogallo è indicativo di una crescita vertiginosa dei sovranisti e degli euroscettici nell’arco di quindici anni è arrivata a superare il 25% in Europa, se si considera il dato aggregato dei risultati ottenuti nelle elezioni nazionali. Così le due famiglie politiche, Id e Ecr, hanno visto crescere le proprie pattuglie parlamentari ad ogni singola tornata europea; anche se la prima vera fiammata è arrivata con le elezioni del 2014 in cui sull’elettorato del Vecchi continente ha pesato la crisi dell’euro e del debito.

Il caso di AfD

In questi dieci anni ci sono state esperienze politiche che si sono consolidate pur attraversando crisi interne che avrebbero potuto segnarne il declino. Un esempio su tutti potrebbe essere quello di Alternative für Deutschland la cui parabola politica ricorda quella di molti altri movimenti che oggi sono sulla cresta dell’onda. AfD, nata nel 2013 da un gruppo di economisti contrari all’Eurozona tutti di area cristiano-democratica, subito diventa un partito di estrema destra. Nel 2014 manda i primi 7 eurodeputati in Europa, ma come spesso capita alle formazioni neonate, si perdono politicamente per strada non rispettando la linea del partito. In un paio d’anni la formazione ha iniziato ad ottenere successi in tutti Länder tedeschi, in particolare all’indomani della scelta di Angela Merkel di accogliere un milione di siriani durante la crisi migratoria del 2015.

Nel 2017 con il 12,5% alle elezioni federali Afd porta 94 deputati al Bundestag ma la leader Frauke Petry lascia il partito in contrasto con le posizioni troppo estremistiche dei leader del resto del movimento. Il movimento si assesta a livello europeo nel 2019 ed entra a far parte del gruppo di Identità e democrazia con Lega, lepenisti, il Pvv di Wilders. Arretra leggermente alle elezioni federali del 2021 con il 10% ma oggi alla vigilia delle Europee è accreditato come secondo partito con il 16%. Nei mesi scorsi ha toccato punte del 25%, prima che fosse diffuso il programma congressuale in cui si parlava di «remigrazione» degli immigrati e dei tedeschi «non assimilabili», in una pericolosa spirale di visione della razza che in tutta la Germania ha portato a manifestazioni e proteste. La posizione non è stata smentita nemmeno di fronte alle richieste di spiegazioni da parte dell’alleata europea Marine Le Pen. 

Gli altri partiti di destra

AfD non è un caso isolato nella destra europea, ad esempio i Democratici svedesi nel 1988 tra i fondatori potevano contare su dei veterani nazisti, mentre il Vlaams Belang fino al 2004 si chiamava Vlaams Blok quando venne sciolto dalla Corte di Cassazione belga per aver violato le leggi contro il razzismo. Il partito fiammingo oggi è accreditato della maggioranza relativa in Belgio, mentre i Democratici svedesi hanno addirittura rotto il «cordone sanitario» che gli era stato costruito attorno dalle altre forze del Riksdag e forniscono il supporto esterno al governo di Kristersson.

Ora che il partito Fidesz di Viktor Orban ha abbandonato il Ppe, sia Id sia Ecr stanno corteggiando il premier ungherese per associarlo al proprio movimento. Indubbiamente, oltre alla condivisione di valori e posizioni euroscettiche fanno gola la dozzina di eletti che Fidesz manderà al Parlamento europeo a giugno. Pare che alla fine la spunterà Meloni che dovrebbe aver strappato all’ungherese la promessa di ingresso nell’Ecr a inizio legislatura.

Allo stesso modo alla corte meloniana dovrebbero arrivare i nuovi esponenti della destra danese, i Democratici. Secondo le ultime proiezioni Identità e democrazia supererà i 90 eurodeputati, così come i Conservatori e Riformisti se Orban manterrà fede alla promessa fatta. Se le proiezioni saranno rispettate diventeranno la terza e la quarta forza del Parlamento europeo alle spalle solo di Popolari e Socialisti. Un segnale inequivocabile dello spostamento a destra dell’Europa.

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