In Slovenia, maggioranza a rischio alle Europee: il podcast «La Tribuna»
In vista delle elezioni europee ecco il nuovo appuntamento quotidiano con «La Tribuna», la rubrica di approfondimento con uno sguardo a ciò che accade fuori dall’Italia nella corsa all’Europarlamento. Grazie a una sperimentazione della redazione del Giornale di Brescia con l’intelligenza artificiale, la rubrica è disponibile ogni giorno anche in formato audio: tutte le puntate del podcast sono disponibili su Spreaker, Spotify e le principali piattaforme di ascolto.
Molti politologi considerano le elezioni europee come consultazioni di secondo rango. Il motivo? Semplice, si tratta di consultazioni la cui valenza è sostanzialmente interna e non continentale: dalle urne le forze politiche cercano conferme sul proprio operato e non sulla visione di Europa. Si potrebbe quasi dire che le europee in molti Stati membri assumono la connotazione prosaica di mid-term elections americane, dove quasi tutti i presidenti a metà del loro mandato perdono la maggioranza in uno dei due rami del Congresso. Quindi in occasione delle elezioni europee generalmente chi è al governo tende a non essere il favorito pur dando alle urne una valenza di simili referendum; al contrario i partiti di opposizione traggono vantaggio dalle votazioni e cercano di porre le basi per la vittoria alle successive Politiche.
Questo doveroso preambolo serve non solo per descrivere un fenomeno tipicamente europeo, ma per arrivare alla intricata scena politica slovena, dove l’attuale maggioranza rischia di perdere malamente le europee. L’esecutivo a Lubjiana, dal primo giugno 2022, è guidato da Robert Golob, un ingegnere elettronico che si è trovato alla guida del Gibanje Svoboda (Movimento Libertà) e che un po’ a sorpresa ha battuto Janez Jansa, premier uscente e leader del Partito democratico sloveno (Sds). Il nome della forza politica non deve trarre in inganno, visto che pur essendo nel Ppe, ha posizioni marcatamente di destra e lo ha dimostrato in particolare negli ultimi due anni alla guida del governo tra il 2020 e il 2022 (era già stato premier tra il 2004 e il 2008 e tra il 2012 e il 2013).
Secondo molti osservatori sotto la sua premiership la Slovenia si era avvicinata con decisione alle posizioni del gruppo di Visegrad, tanto che aveva provato a introdurre anche alcune norme limitanti per la stampa. Ma molti ricordano Jansa, anche nel resto dell’Europa, perché nel bel mezzo della notte del voto presidenziale americano del 2020, aveva twittato questa frase: «È abbastanza chiaro che il popolo americano ha eletto Donald Trump e Mike Pence per altri quattro anni». Successivamente c’era stata anche una certa ritrosia nel complimentarsi con Biden. Non va dimenticato che Melania Trump, il cui cognome da signorina fa Knavs, è originaria della Slovenia. Jansa oltre alla fede trumpiana ha più volte ribadito il legame con l’allora coppia presidenziale.
Venendo alla posta in palio con le prossime votazioni, il partito del premier è attorno al 17% (la metà rispetto a due anni fa), e con questo paga le fatiche del governare, perché l’essere un brillante manager non significa saper guidare una coalizione con socialdemocratici (11%) e sinistra (5%). Il partito di Jansa veleggia invece attorno al 30% e in questi mesi ha attaccato il governo anche sulla politica estera chiedendo fermezza sull’Ucraina. L’ex premier poi a febbraio è volato in Israele per ribadire il suo appoggio a Tel Aviv; mentre domani il governo sloveno dovrebbe riconoscere lo Stato palestinese.
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