I liberali europei lanciano la sfida ai sovranisti per difendere la terza via

Si sentono gli europeisti per eccellenza. La loro collocazione nell’emiciclo del Parlamento europeo è a sinistra del Ppe e a destra dei Socialisti. Un posizionamento politicamente scomodo e che ben fotografa anche le difficoltà di far prevalere il pensiero liberale ed europeista in un orizzonte politico sempre più polarizzato.
Il liberalismo è forse la corrente di pensiero che maggiormente ha sofferto per la comparsa prepotente in Europa dei partiti populisti, che negli ultimi dieci anni hanno assunto una colorazione sempre più nera virando verso il nazionalismo e facendosi interpreti del sovranismo.
Il fenomeno Macron
Per sopravvivere, anche numericamente, i liberaldemocratici dell’Alde hanno beneficiato in questi anni del fenomeno Macron, le forze della confederazione macronista (riunite nella lista Renaissance) hanno contribuito con 21 deputati a costituire il gruppo parlamentare Renew Europe e, secondo tutti i sondaggi, saranno quelle che forniranno il maggior numero di deputati alla delegazione al Parlamento europeo. La leadership di Macron di fatto nell’internazionale liberale ha permesso di attrarre anche altri partiti non iscritti all’Alde e di siglare un’intesa anche con il Pde (il Partito democratico europeo nato nel 2004 sotto la spinta del francese Bayrou e l’italiano Rutelli).
I sondaggi
Questo succedersi di accordi e continue aggregazioni testimoniano plasticamente il tentativo delle forze liberali di fermare il declino di consensi che stanno soffrendo un po’ ovunque in Europa. Ma potrebbe non bastare.
L’ultimo sondaggio Ipsos commissionato da Euronews con focus sulle Europee dice che i liberaldemocratici potrebbero restare terza forza parlamentare con 85 eletti, almeno in teoria e senza tenere conto dei circa 70 deputati che arriveranno in Parlamento in rappresentanza di forze che non sono iscritte a nessuna famiglia politica europea. Così se Fidesz, il partito di Orban, dovesse aderire ai Conservatori della Meloni o se alcune forze della nuovelle vague della destra europea dovessero approdare in Idenitità e Democrazia, alla corte di Le Pen e Salvini, ecco che i liberali piomberebbero al quinto posto.
La campagna
I liberaldemocratici ieri a Bruxelles hanno lanciato ufficialmente la loro campagna per le elezioni Europee ma hanno rinunciato ad indicare un singolo Spitzenkandidat (il candidato per la presidenza della Commissione europea). Piuttosto hanno indicato tre figure (nel 2019 furono addirittura sette), che rappresentano le tre realtà politiche che oggi compongono Renew Europe. Si tratta di Valerie Hayer, eurodeputata macronista per Renaissance, la tedesca dell’Fdp Marie Agnes Strack-Zimmermann per l’Alde e il renziano Sandro Gozi per il Pde. Il tutto ribadendo di essere ancora a favore di una maggioranza pro-Ue come quella composta oggi con Socialisti e Ppe a sostegno di Ursula von der Leyen.
Le contraddizioni
Per meglio comprendere le difficoltà e le contraddizioni con cui anche i liberaldemocratici devono fare i conti in Europa basta dire che il partito accreditato del più ampio consenso in patria in questo momento è ANO 2021. Il partito fondato dall’ex primo ministro ceco Andrej Babis è accreditato di oltre il 30% e di 9 eurodeputati. Il nodo però è legato alla figura del suo fondatore e leader: nel periodo da premier della Repubblica ceca tra il 2017 e il 2021 è stato sempre molto assertivo nelle sue posizioni euroscettiche nel gruppo di Visegrad e con campagne eurocritiche in politica interna, ma a Bruxelles si è accomodato tra i liberali.
Se poi volgiamo lo sguardo ad una quindicina di anni fa si scopre che tra i partiti del gruppo liberale europeo figurava anche l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro (che nel 2009 ottenne un eccezionale 8%). Per non parlare, negli ultimi anni, delle trattative intavolate nel 2017 dall’Alde e nel 2020 da Renew con il Movimento 5 Stelle: in entrambi i casi ad opporsi sono stati i macronisti, che non hanno mai perdonato ai pentastellati il supporto al movimento dei gilets jaunes, suggellato da una visita parigina di Di Maio ad alcuni leader degli insorgenti.
I cambi di leadership
Il quinquennio che si aprirà dopo le Europee potrebbe portare ad un rinnovamento tra i leader liberali: Charles Michel sa che non sarà più presidente del Consiglio europeo e la danese Vestager ha corso inutilmente per la presidenza della Bei e cerca nuove sfide. Grandi speranze si nutrono per la premier estone Kallas che per ora è riluttante ad un incarico europeo, ma alla fine se su von der Leyen vi saranno troppi veti incrociati i liberaldemocratici potrebbero usare la carta Mario Draghi sponsorizzato da Macron e Renzi.
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