Dibattito tra candidati, ma senza i sovranisti: il podcast «La Tribuna»

In vista delle elezioni europee il nuovo appuntamento quotidiano con la rubrica di approfondimento che offre uno sguardo a ciò che accade fuori dall’Italia nella corsa all’Europarlamento
Jan Zahradil per undici anni presidente del Conservatori e riformisti europei - © www.giornaledibrescia.it
Jan Zahradil per undici anni presidente del Conservatori e riformisti europei - © www.giornaledibrescia.it
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In vista delle elezioni europee ecco il nuovo appuntamento quotidiano con «La Tribuna», la rubrica di approfondimento con uno sguardo a ciò che accade fuori dall’Italia nella corsa all’Europarlamento. Grazie a una sperimentazione della redazione del Giornale di Brescia con l’intelligenza artificiale, la rubrica è disponibile ogni giorno anche in formato audio: tutte le puntate del podcast sono disponibili su Spreaker, Spotify e le principali piattaforme di ascolto.

Giovedì 23 maggio nella sede del Parlamento europeo di Bruxelles si terrà il confronto tra i candidati alla presidenza della Commissione Ue. Ma i rappresentanti dell’ultradestra del gruppo Identità e Democrazia e dei sovranisti del partito dei Conservatori e Riformisti europei non ci saranno.

Così ha deciso la Ebu, l’Unione europea di radiodiffusione, che riunisce operatori pubblici e privati di 57 Paesi (tra cui ovviamente la Rai). Al confronto saranno, quindi, presenti la presidente uscente Ursula von der Leyen (Ppe), Nicolas Schmit (Socialisti), Sandro Gozi (per i liberaldemocratici), l’austriaco Walter Baier (Sinistra europea), la tedesca Terry Reintke (co-candidata dei Verdi con l’olandese Bas Eickhout). Si tratta di spitzenkandidat ufficiali dei partiti europei, ovvero coloro che secondo le forze politiche sono da considerare i volti della campagna per le elezioni continentali in programma tra il 6 e il 9 giugno. Come si sa l’esponente del partito che vincerà le elezioni sarà poi sottoposto alla valutazione del Consiglio europeo e poi cercherà la fiducia in Parlamento europeo.

Su questo sistema di candidatura, introdotto a partire dalle Europee del 2014, i partiti hanno avuto approcci differenti. Il Ppe, i Socialisti e la Sinistra hanno sempre presentato un candidato. Più eclettico l’approccio dei liberaldemocratici che nel 2014 presentarono un solo candidato (Guy Verhofstadt), nel 2019 ben sette (il cosiddetto Team Europe di cui facevano parte Verhofstadt, Vestager e Bonino) e ora ne presentano solo tre in rappresentanza delle tre principali anime della famiglia liberaldemocratica: la tedesca Marie Agnes Strack-Zimmermann in quota Alde, la francese Valérie-Hayez in quota Renew, l’italiano Sandro Gozi per il Partito democratico europeo.

I Verdi da parte loro hanno sempre utilizzato la formula dei co-candidati, una donna e un uomo; mentre i partiti euroscettici e populisti non hanno mai raccolto la sfida perché contrari, ideologicamente, a questa soluzione politica. Unica eccezione nel 2019 il ceco Jan Zahradil, che per undici anni è stato anche presidente del Partito europeo dei riformisti e conservatori, incarico che dal 28 settembre 2020 ricopre Giorgia Meloni. Identità e democrazia che ha leader molto conosciuti, da Salvini a Le Pen a Wilders, non solo non ha mai trovato l’intesa per indicare un candidato, ma come detto non ha mai voluto individuarlo in nome di una evidente ostilità nei confronti delle istituzioni europee.

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