Cosa sta succedendo in Slovacchia: il podcast «La Tribuna»
In vista delle elezioni europee ecco il nuovo appuntamento quotidiano con «La Tribuna», la rubrica di approfondimento con uno sguardo a ciò che accade fuori dall’Italia nella corsa all’Europarlamento. Grazie a una sperimentazione della redazione del Giornale di Brescia con l’intelligenza artificiale, la rubrica è disponibile ogni giorno anche in formato audio: tutte le puntate del podcast sono disponibili su Spreaker, Spotify e le principali piattaforme di ascolto.
Fino a ieri pomeriggio pochi avevano un’idea della politica slovacca. Ora l’attentato al premier Robert Fico porta il Paese alla ribalta. Fino ad un’ora prima dell’aggressione che ha fatto il giro del mondo, in pochissimi avevano notato la notizia del richiamo da parte del Consiglio d’Europa al Parlamento slovacco sulle leggi contro le ong anche se la normativa ricalca quella che sta scatenando le piazze in Georgia. Questo sarebbe stato il tema quotidiano di questa rubrica. Ora è necessario ampliare un attimo lo sguardo alla situazione politica slovacca, partendo proprio dalla legge sul registro per le ong che l’attuale governo voleva introdurre per indicare quelle organizzazioni che ricevono più di 5.000 euro all’anno dall’estero.
Le legge contro le ong
Il marchio di «organizzazioni con supporto straniero», secondo il Commissario per i diritti umani Michael O'Flaherty, creerebbe un clima ostile verso le ong in Slovacchia. D’altronde da quando Robert Fico ha vinto le elezioni dello scorso ottobre le prospettive del piccolo Stato est europeo sono mutate, o meglio, tornate allo scorso decennio, quando Bratislava era saldamente in linea con il Gruppo di Visegrad ed emulava molte delle scelte illiberali dell’Ungheria di Orban.
Il primo impegno di Fico premier è stato bloccare gli aiuti militari all’Ucraina, mentre in campagna elettorale aveva attaccato pesantemente la cultura lgbtq, ma anche la stampa, l’Unione europea e aveva palesato posizioni filo-putiniane. Tutti aspetti inconciliabili con quelli della famiglia europea dei Socialisti e democratici che hanno sospeso il suo partito Smer e quello del suo alleato Peter Pellegrini (Hlas!) che lo scorso aprile è stato eletto presidente della Repubblica, al termine di un’altra campagna elettorale fortemente polarizzante e dai toni velenosi.
Non si può dimenticare nemmeno che nel 2018, da 6 anni in carica, Fico si era dovuto dimettere da primo ministro dopo le manifestazioni di piazza contro il suo esecutivo su cui pendeva l’ombra delle infiltrazioni 'ndranghetiste come aveva denunciato il giornalista Jan Cuccia ucciso insieme alla sua fidanzata da un sicario ingaggiato da un imprenditore. Ma Kuciak stava concentrando la sua attenzione sui legami che la malavita calabrese aveva all’interno dello staff di Fico. Dopo le dimissioni, il primo ministro è stato proprio Robert Pellegrini fino a metà 2020. Prima del ritorno dell’attuale premier dopo tre anni disastrosi di una coalizione conservatrice che tuttavia aveva normalizzato i rapporti con Bruxelles.
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